POLICORO - Giovedi 6
giugno si è tenuto nei locali del palazzo baronale di Scanzano J.co un convegno
organizzato dall’associazione Campus Herakleìa, in collaborazione con l’università
Lumsa di Taranto, sul tema: “La crisi dello Stato sociale”. Sono intervenuti in
qualità di relatori: l’assessore alla Cultura al Comune di Scanzano J.co,
Lunati; il Prof. Antonio Panico, docente
di Sociologia generale alla Lumsa di Taranto e il Dr. Francesco Velluzzi,
presidente dell’Associazione Onlus “Campus Herakleìa”. Durante la feconda
discussione è emerso che: “La società italiana, quasi nel suo complesso,
-osservano gli insigni ospiti- è attraversata da una crisi economica senza
precedenti, che tocca inesorabilmente le famiglie e trasversalmente l’intero
tessuto produttivo del nostro Paese. Occorre interrogarsi sulle cause di questa
crisi, che ha conseguenze davvero devastanti soprattutto sul nostro sistema di
welfare, sullo stato sociale nel suo insieme, creando ulteriori e sempre più
profonde fratture sociali, lacerazioni, sacche di disoccupazione giovanile
ancora più vaste ed aree di disperazione sociale, nelle quali vengono assorbiti
un po’ tutti: lavoratori, ex lavoratori, aziende, esodati, pensionati.
Fondamentalmente la crisi è figlia (lo dicono anche alcuni tra i più illustri
economisti) di un debito pubblico che è aumentato incontrollabilmente, specie
negli ultimi trent’anni. In effetti la curva del debito pubblico italiano (cd.
Trend del debito) in rapporto con gli altri Stati è stato sostanzialmente in
linea con quello degli altri Paesi europei, se non addirittura, in taluni casi,
al di sotto di molti di essi, almeno fino alla fine degli anni 70, inizio anni
80 del XX secolo. Da allora in avanti si è via via venuta accumulando una
misura sempre crescente di debito che ha prodotto, nel tempo, le conseguenze
che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Logica e necessitata conseguenza è che
la politica economico-finanziaria dei vari Governi ha dovuto improntarsi ob
torto collo a criteri di speciale rigore: si è stati costretti a correre ai
ripari, quantomeno per tentare di non accumulare ulteriore debito e, laddove
possibile, tentare di diminuirne la portata. Tuttavia, è evidente che il peso
più gravoso della crisi l’hanno pagato proprio e quasi essenzialmente le fasce
più deboli. Tra le quali è confluito anche il cosiddetto ceto medio, vera e
propria cinghia di trasmissione delle cosiddette economie di scala. In fondo,
il meccanismo è semplice: le aziende producono o dovrebbero produrre
essenzialmente per soddisfare la domanda interna, ma la forte restrizione del
potere di acquisto degli stipendi e dei salari, unitamente a un aumento
esponenziale del costo del lavoro, ha determinato un calo enorme della domanda
interna di beni e servizi e una fortissima crisi industriale. A fronte di una
tale situazione, non era più sostenibile insistere con un sistema di welfare
costoso, poiché insopportabile sarebbe stato il peso da addossare proprio
soprattutto e ancora una volta sul ceto medio. E’ stata così inaugurata una
ennesima stagione di austerity, la stagione dei “tagli” alla spesa. Inoltre,
non è più possibile procedere con le politiche dei “tagli lineari”: ad esempio
i tagli in settori nevralgici (scuola, sanità, giustizia) significano un
sostanziale arretramento del sistema-Paese e un potente affievolimento di tutto
un sistema di garanzie e tutele, acquisito in anni di lotte civili, di
conquiste sociali irrinunciabili. E’ arrivato il momento di “dare un taglio ai
tagli”, attraverso una assunzione di responsabilità comune da parte della
classe politica, la quale deve prendere atto che occorre metter mano
soprattutto all’abbattimento dei tanti sprechi tuttora esistenti. E forse
occorre porsi una domanda: che senso ha continuare a far pagare sempre più
tasse, se poi solo una minima percentuale del loro gettito serve a coprire il
debito pubblico? Perché non si parla più di abbattimento dello scudo fiscale?
Di evasione e di elusione fiscale? Ricordiamo che il solo costo della
corruzione oggi esistente in Italia –come ha rivelato di recente la Corte dei
Conti- ammonta a circa 60 miliardi di euro/anno e il costo dell’evasione
fiscale ammonta a 2.000 euro per ogni cittadino dell’Ue, una somma superiore
alla spesa totale degli Stati membri per la salute pubblica e quattro volte
superiore rispetto alle risorse destinate all’insegnamento in ambito Ue. In un
momento storico che ha ormai assunto caratteri di emergenzialità sociale, rivolgere
l’attenzione (pur giusta) al solo tema delle riforme costituzionali dello Stato
non è forse riduttivo e per certi versi anche fuorviante?”. Nel suo piccolo
l’associazione Campus Herakleia sta cercando, come dice il suo presidente
Velluzzi di mettere in campo iniziative che in un’ottica di sussidiarietà
orizzontale è impegnata nel cercare di rilanciare la cultura di livello
universitario, sforzandosi di guardare a possibili scenari anche occupazionali
per i giovani talenti che la Basilicata perde inesorabilmente.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano
della Basilicata)