E’ STATA fissata per il 5 maggio davanti ai giudici della Corte d’appello di Catanzaro la discussione sul ricorso presentato dal pm Vincenzo Capomolla contro la sentenza di assoluzione per gli ultimi imputati della maxi- inchiesta Toghe lucane, imprenditori e pubblici funzionari di Policoro, per le presunte irregolarità nella costruzione del Complesso turistico integrato Marinagri. Torna quindi in un’aula del Tribunale la vicenda esplosa il 3 marzo del 2007 quando i sigilli dell’autorità giudiziaria sono apparsi per la prima volta sul cantiere che ad oggi è ancora aperto. All’epoca Riesame e la Corte di cassazione si erano espressi annullando l’ordinanza sottoscritta dal gip Antonio Rizzuti. Ciononostante, a distanza di poco più di un anno, era seguita una seconda ordinanza dal medesimo contenuto, rafforzata dalla perizia di un consulente della procura, e Riesame e Cassazione si erano orientati in maniera diversa, imponendo uno stop ai lavori delle imprese impegnate nell’opera, quasi cinquanta e tutte lucane. L’avviso di chiusura delle indagini a firma del allora pm Luigi De Magistris sarebbe arrivato nell’estate del 2008 per trentatre persone, tra cui politici, magistrati, professionisti, imprenditori, e rappresentanti delle forze dell'ordine, accusati a vario titolo di aver messo in piedi un“comitato d’affari”, che sarebbe stato operante in Basilicata nei settori del turismo, della sanità, e delle banche. Ma la richiesta di rinvio a giudizio sarebbe giunta molto più tardi, dopo il trasferimento disciplinare del magistrato, oggi sindaco di Napoli, e la sua elezione all’europarlamento. Quel fascicolo “scottante” nel frattempo sarebbe andato a finire sulla scrivania del sostituto Luigi Capomolla e dei trentatre dell’impianto originario dell’accusa, dopo alcuni stralci verso procure diverse, ne sarebbero rimasti in quattro: Vincenzo e Marco Vitale, responsabili di Marinagri, l’ex sindaco di Policoro, Nicolino Lopatriello, e il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune, Felice Viceconte, accusati di truffa aggravata, e violazione del Testo unico sull’edilizia. A dicembre del 2009 un altro magistrato ancora, Alberto Cianfarini, in udienza al posto di Capomolla,avrebbe chiesto l’assoluzione con la formula per cui “il fatto non costituisce reato”, raccogliendo il consenso del giudice che ha disposto anche il dissequestro totale del cantiere. Se sia stata un’iniziativa concordata col titolare dell’indagine non si sa, fatto sta che Capomolla non si è rassegnato e ha deciso di impugnare la decisione voluta dal suo sostituto. E i due Vitale, Lopatriello e Viceconte aspetteranno ancora qualche giorno per sapere come andrà a finire.
Fonte il Quotidiano della Basilicata
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