POLICORO – L’articolo 1 della Costituzione sancisce
che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Un diritto di ciascuna
persona senza nessuna discriminazione di sesso, razza, religione, politica. E
invece, strano a dirlo, in una società sempre più “moderna” e tecnologica che
ha accorciato il mondo, almeno nello spazio, nel tempo purtroppo si è fermata
al Medio Evo. Solo qualche giorno fa la scrittrice policorese Imma Vitelli
nella biblioteca comunale raccontava nel suo libro: “Tahrir. I giovani che
hanno fatto la rivoluzione”, come in Egitto un gruppo di ragazzi ha sovvertito
il regime di Mubarak vogliosi di democrazia e di modernità. Invece nella
democratica e moderna Italia, dove il regime ufficiale non esiste più da 60
anni, c’è ancora chi usa mezzi di bassa macelleria per offendere la dignità e
la libertà di un suo connazionale. Policoro è in campagna elettorale e come
nelle peggiori dittature alle proposte prevalgono le scorrettezze. Come quella
capitata ad un giovane che all’indomani dell’accettazione della sua candidatura
a consigliere comunale in una delle 17 liste che si stanno contendendo il voto
di circa 13488 aventi diritto, è stato buttato via dall’azienda per la quale
lavorava. Un padre di famiglia che in passato aveva avuto esperienze nel
settore dell’agricoltura e dove vi era rimasto cambiando datore di lavoro.
Quando ha deciso di poter dare un contributo alla causa della sua città,
all’indomani della presentazione delle liste elettorali gli è stato detto pressappoco
così: “Non ho più bisogno di te!”. A nulla sono valse le spiegazioni che
legittimamente chiedeva. Licenziato su due piedi senza troppi complimenti dopo
che in quella azienda aveva dato l’anima lavorando più del tempo previsto
perché si sa: qualche ora in più bisogna sempre farla, a maggior ragione nei
periodi di bella stagione quando il raccolto è enorme e per vendere il prodotto
ad un prezzo accettabile bisogna battere la concorrenza sui giorni e
addirittura sulle ore. Un colpo basso che abbiamo voluto raccontare in questo
articolo, senza citare né il candidato né la lista o coalizione di appartenenza
per non minare ancora di più la delicata fase elettorale che attraversa la
città per il rinnovo della massima assise territoriale, ma che non può passare
inosservata e merita, a bocce ferme, una serie riflessione sul salto culturale
che necessita la città se tale vuol essere rispetto ad un villaggio. Prima di
qualunque riforma del mercato del lavoro c’è bisogno di una riforma della
mentalità. Che non si fa per legge.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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