POLICORO - Svolta clamorosa nelle indagini sulla
morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta, i fidanzatini di Policoro trovati
cadavere la notte del 23 marzo 1988 nel bagno di casa Andreotta. Dopo mesi di
inspiegabile silenzio, seguito alla nuova tumulazione delle salme in seguito
all'esame autoptico effettuato la scorsa primavera, il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Matera, Rosa Bia,ha accoltola richiesta presentata
a più riprese dall'avvocato della famiglia Orioli, Francesco Auletta,
disponendo l'esame scientifico dei vestiti che il giovane indossava quella
notte. Le analisi, in cui la difesa ripone grande speranza, saranno effettuate
il prossimo 3 maggio presso i laboratori altamente specializzati del
Raggruppamento investigazioni scientifiche (Ris) dei carabinieri a Roma. La notizia
si è appresa ieri, cogliendo quasi di sorpresa la mamma di Luca, Olimpia Fuina,
impegnata da 24 anni in una strenua battaglia per la ricerca della verità su
quanto accaduto quella notte maledetta. Negli ultimi mesi, dopo l'esame
autoptico tardivo che ha riproposto la tesi della morte per avvelenamento da
monossido di carbonio (ampiamente confutata da altre risultanze scientifiche),
l'avvocato Auletta aveva insistito molto sulla necessità di verificare
l'esistenza di eventuali fonti di prova tra le fibre dei vestiti. Resta
comunque il mistero sul ritrovamento degli indumenti, che Olimpia ricordava
fossero stati tumulati insieme con la salma dopo l'autopsia del 1996, poi scomparsi
nel nulla salvo riapparire un anno fa nel deposito reperti dell'università La
Sapienza di Roma, dove li avrebbe inviati il professor Giancarlo Umani Ronchi,
all'esito della prima autopsia. Sarebbero contenuti in una scatola di cartone,
che la Procura di Matera aveva già deciso di far aprire nella sede del
Commissariato di Scanzano Jonico, per consentirne il riconoscimento a mamma
Olimpia. Un atto che non si è mai realmente compiuto, poiché l'avvocato Auletta
si oppose chiedendo con forza l'apertura e l'analisi scientifica in ambiente protetto
e qualificato. Dopo quella parentesi spiacevole,non si è più saputa la
destinazione del plico con gli indumenti, che di fatto non sono mai stati riconosciuti
dalla madre del ragazzo, quindi ad oggi non c'è ancora la certezza matematica
che siano quelli giusti, dopo anni di abbandono su qualche scaffale polveroso.
La speranza è sempre quella di ritrovare, tra le fibre, qualche traccia di Dna
mitocondriale appartenente a terze persone, per dimostrare ed avvalorare l'ipotesi
dell'omicidio, o comunque fornire nuovi indizi utili alla ricerca della verità.Mamma
Olimpia non desidera altro, almeno per trovare una qualche forma di
rassegnazione dopo 24 anni di dolore.
Fonte Il Quotidiano della Basilicata
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