POLICORO – Uno scontrino di 1
euro anticipato di sessanta minuti per colpa del ritardato adeguamento all’ora
solare a fine ottobre è costato ad un imprenditore commerciale di Policoro una
sanzione di 738,00. Un gruppo di persone cena in un noto ristorante del centro
jonico, paga il conto ma prima di uscire uno di loro ordina un ginseng dal
costo di un euro. Lascia lo scontrino sul tavolo dopo aver bevuto e si appresta
ad uscire. Solo che ad aspettarlo fuori ci sono gli 007 del fisco che gli
chiedono cosa avesse consumato. L’avventore gli dice un ginseng e come contro
risposta gli viene detto di fornire la prova: il documento fiscale. Il cliente
non sembra credere ai suoi occhi e alle sue orecchie quando capisce che non è
uno scherzo ma si trova davanti i verificatori fiscali in carne e ossa. A
questo punto replica presso a poco così: “E’ sul tavolo dentro il ristorante!”.
Allora entrano e il titolare gli mostra lo scontrino solo che con un eccesso di
zelo i funzionari riscontrano che il registratore di cassa non era stato
aggiornato al cambio dell’ora e dunque lo scontrino non era attendibile. A
nulla sono valse né la testimonianza di chi ha usufruito del bene né dello
stesso gestore che si vede notificare in seduta stante una sanzione con la
possibilità di chiudere la partita con il fisco pagando circa 238,00 subito,
sanzione ridotta. Da parte sua il titolare decide di impugnare il provvedimento
consapevole di avere ragione e non aver evaso il pagamento dei tributi di
appena 1 euro. Purtroppo e delle settimane scorse il rigetto del ricorso con
l’aggravante che ora dovrà pagare ben 738,00! Come alternativa potrebbe
impugnare la cartella di pagamento ma è propenso a malincuore a saldare il suo
“debito” sostenendo: “Questa è l’Italia!”. Un’ingiustizia palpabile, e lo si
vede guardando in faccia il contribuente/imprenditore che con fatica alza la
saracinesca la mattina e la chiude a tarda serata; dà lavoro e valorizza
l’enogastronomia locale. In cambio lo Stato anziché usare il buon senso del
padre di famiglia, la prima regola anche se non scritta del quieto vivere di
ogni Stato che si definisca civile, si scaglia contro chi tiene una luce
accesa, segnale di vivacità cittadina, dà un servizio, crea posti di lavoro e
contribuisce al Pil (Prodotto interno lordo) della nazione. Forse non tutti
sanno che se il Paese è in crisi, lo è perche cresce poco in termini di
produttività. Ma se le imprese vengono perseguitate come fa l’Italia a uscire
dalla crisi? Se chiudono negozi e imprese l’economia dismette i panni del
liberismo per indossare quegli stretti e bocciati dalle lancette d’orologio
della storia, e non di un semplice ristorante, del socialismo reale dove tutto
è in mano a burocrati dello Stato che assurgono a moralizzatori della società
civile interpretando la legge con gli amici e applicandola ai nemici. Ci sono
persone che evadono per campare e quelle che evadono per comprarsi yatch da mille
e una nota magari intestati a società di comodo, che per la cronaca sono
improduttive per il Pil.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della
Basilicata)
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