POLICORO – Vuole dare lavoro ma non ci riesce. Strano davvero in un Sud con percentuali alte di inoccupati che stentano a trovare un “buco” anche per tirare a campare. Giovani impossibilitati a metter su famiglia per la precarietà del lavoro, e sono quelli più fortunati, e altri sono costretti ad emigrare. Aveva un sogno da realizzare ma strada facendo si è trasformato in un incubo. Fabio Celano, imprenditore di Policoro, da oggi (giovedì 16 settembre) inizia ufficialmente la sua protesta contro lo Stato. E lo fa alla Pannella con lo sciopero della fame lì da dove parte la sua disavventura. A cavallo tra la fine degli anni ’80 e primi anni ‘90 quando si mette a capo di una società da egli stesso creata, la Flap Fruit il cui acronomio è l’iniziale del nome di ogni suo fratello e tradotto significa: concentrato, di frutta nella fattispecie. Valore: 5 miliardi di lire all’epoca. Riceve anche un finanziamento regionale come ce ne sono stati, e ce ne sono tuttora, come incentivo all’ intrapresa. La sua fu un’idea semplice ma intelligente: trasformare in loco il raccolto del settore primario agricolo lucano di cui il Metapontino è la fiorente pianura. Dopo la costruzione dello stabilimento nel territorio di Scanzano al confine con Policoro, al bivio “Trincea” della vecchia 106 prima del passaggio alla quattro corsie, la Flap Fruit non decolla nella produzione. E il motivo, a suo dire, è la mastodontica burocrazia che lo perseguita fino ai nostri giorni. Da quando cioè l’Anas lo ha espropriato per allargare la strada nel 2001: “pagando una somma irrisoria –dice- rispetto al danno provocato, garantendo un maggiore risarcimento per gli ulteriori danni provocati. Da quella data nessuno si è fatto più vedere o sentire e la mia azienda ha dovuto affrontare un lungo periodo di fermo produttivo con conseguente fallimento della società. Ho intenzione di recarmi presso l’Anas di Roma per far valere i miei diritti davanti alle ingiustizie della Giustizia e delle altre istituzioni dello Stato, che hanno abbandonato una persona che si è sempre prodigata per il lavoro e per la famiglia: meglio le bombe della malavita che avere a che fare con lo Stato”. Celano lamenta l’indifferenza dell’Autorità giudiziaria: “Lo stabilimento viene tuttora detenuto abusivamente dalla società Logowarehouse senza che nessuno muova un dito…”, e si chiede: “Come fa una società a detenere abusivamente da circa 3 anni uno stabilimento sottoposto a procedura fallimentare e gestito dalla curatela e da un tribunale?”. Parole alle quali attende una risposta che spera di averla in prima possibile visto che non c’è riuscito con le buone in quasi dieci anni.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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