POLICORO - Da poche settimane sono terminati i festeggiamenti per il decennale dell’insediamento del vescovo della Diocesi Tursi-Lagonegro, Mons. Francesco Nolè. In tanti hanno apprezzato la sua missione spirituale in una terra, la Basilicata, dalle forti radici cristiane e cattoliche. Nella sua pastorale lucana però c’è anche una nota stonata che non vuole essere una polemica, ma una constatazione di come si può interpretare anche il sacro da diverse angolature. Così Felice Giovinazzo racconta la storia di una incomprensione nata tra il prelato e sua figlia, Maria Antonietta (pittrice e scultrice, in arte Dada) all’indomani dell’arrivo di Nolè: “il suo predecessore, Mons. Talucci, commissionò a mia figlia sei quadri da dipingere gratuitamente e da esporre nella chiesa Madre Maria SS. del Ponte di piazza Eraclea, in Policoro, con il beneplacito del parroco Don Carlo Ferrarotti. Lei iniziò entusiasta dipingendo la “Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre” all’interno della chiesa. Quando Nolè, durante il suo giro per le parrocchie della diocesi fece visita a quella che sorge nel centro storico della città, vedendo i lavori del primo dipinto quasi ultimati rimase esterrefatto ritenendolo osceno dal momento che i corpi dipinti erano nudi (se pure le parti intime erano coperte da foglie ndr). A questo punto mia figlia gli rispose che il tema della “Cacciata di Adamo ed Eva” è stato oggetto di tanti dipinti di illustri maestri d’arte tra i quali Michelangelo Buonarroti e che in molte chiese d’Italia e del mondo è possibile ammirare Adamo ed Eva completamente nudi senza che nessuno si sia mai scandalizzato (un esempio per tutti è la Cappella Brancacci nella Chiesa di S. Maria del Carmine di Firenze ndr), ma soprattutto la stessa evidenziò che non c’era alcuna oscenità o alcun richiamo sessuale nella raffigurazione di un nudo artistico. Purtroppo Nolè non la pensò allo stesso modo e tramite Don Carlo lo fece rimuovere. Mia figlia ne rimase sbalordita. Onestamente ancora oggi a distanza di due lustri non riusciamo a capire le motivazioni che portarono Nolè a far rimuovere il quadro, e non siamo gli unici ad avere questo dubbio avendo avuto modo di ricevere sostegno da tante persone. Se Maria Antonietta avesse “coperto” i corpi con il suo pennello avrebbe senz’altro compiuto una “bruttura” artistica ma soprattutto avrebbe assecondato l’ipocrisia ed il falso moralismo tipico di alcuni esponenti della Chiesa, mentre, probabilmente, sarebbe doveroso scandalizzarsi – ma seriamente - per ben altre “brutture” spesso compiute e puntualmente …. coperte”.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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