Aveva allestito una vera e propria “agenzia assicurativa criminale”,che per procacciarsi i“clienti” adottava una metodologia ampiamente rodata negli ambienti della malavita organizzata, ovvero l’atto intimidatorio all’imprenditore di turno e dopo pochi giorni la“gentile offerta” di una copertura, di una protezione dall’orco estorsore, che egli stesso avrebbe indicato nel noto pregiudicato Gerardo Schettino, denominato “u carabnier”, ex militare dell’Arma di Scanzano Jonico oggi in carcere per un reato simile.Il protagonista di questa paradossale joint venture è stato individuato dalla Polizia in Vincenzo Mitidieri, 47 anni di Policoro, più noto negli ambienti criminali col nomignolo di “nano feroce”come il boss calabrese Antonino Imerti dello scontro coi De Stefano nella seconda guerra di ‘ndrangheta (più di 600 morti in meno di 6 anni). Mitidieri era già finito al centro di una serie di operazioni di polizia sempre per reati connessi alla matrice estorsiva. Questa volta, però, l’episodio che gli viene contestato ha attirato l’attenzione della Direzione distrettuale antimafia di Potenza, che all’esito delle indagini congiunte della Squadra Mobile di Matera, agli ordini del dottor Nicola Fucarino, e del Commissariato di Scanzano, guidato dal dottor Roberto Cirelli, ha formalizzato l’accusa di “estorsione aggravata dal metodo mafioso” (articolo 7 del Codice di procedura penale), disponendo l’arresto di Mitidieri nella sua abitazione di Policoro, dove scontava i domiciliari dopo il fermo del gennaio 2010 proprio nell’ambito dell’operazione “Mosaico”, per altri atti estorsivi. I risultati di questa nuova brillante indagine, denominata “Last piece”, quindi probabile ultimo tassello del mosaico, sono
stati illustrati ieri mattina in Questura dal capo della Mobile e dal commissario capo di Scanzano. Tutto è nato dalle bottiglie incendiarie ritrovate nell’autunno 2009 davanti ad alcune aziende tra Policoro e Scanzano Jonico. All’epoca gli agenti sentirono gli imprenditori interessati, tra cui i titolari di una nota società di prodotti ortofrutticoli, che negarono tutti di aver ricevuto richieste estorsive. Una risposta che non convinse gli inquirenti, tanto da indurli a predisporre una serie di controlli ambientali proprio sull’utenza telefonica dei soci dell’azienda e persino nelle loro auto. Proprio da una di queste ultime, è arrivato l’atteso riscontro al fiuto degli investigatori. Un giorno i due titolari dell’azienda si sono appartati per parlare della faccenda senza fare insospettire gli altri, che probabilmente non sapevano della richiesta estorsiva. Durante il colloquio, intercettato dagli agenti nell’auto, gli imprenditori hanno parlato chiaramente della richiesta “assicurativa” di Mitidieri, 5.000 euro di anticipo da pagare subito e poi un “vitalizio” di 500 euro al mese. Viste le condizioni economiche non rosee della società, i due avrebbero ipotizzato anche di dare le chiavi dei capannoni a Mitidieri, concludendo comunque di voler pagare per non subire danneggiamenti. Tutti indizi interessantissimi passati alla Dda di Potenza, che attraverso il pm Basentini e con l’interessamento delprocuratore capo Colangelo, ha chiesto al Giudice per le indagini preliminari, dottor Spina, la formalizzazione della richiesta di arresto per estorsione aggravata dal metodo mafioso, definendo
l’atto di Mitidieri un “contratto di protezione”. Prima,però, i magistrati hanno nuovamente sentito gli imprenditori vittime, che dopo le rassicurazioni degli agenti del Commissariato di Scanzano circa la protezione della propria famiglia, hanno confermato tutto dando il la all’arresto di Mitidieri. La giusta conclusione di indagini lunghe e laboriose anche a causa della mancata collaborazione delle vittime, sempre auspicabile in casi del genere, ma quasi mai reale per la paura del criminale di turno. E sulla pericolosità di Vincenzo Mitidieri, secondo gli investigatori, non ci sarebbero dubbi, viste anche le successive esternazioni del boss pentito Antonio Cossidente, che ha individuato proprio nei Mitidieri di Policoro la cellula criminale ben organizzata
e armata, anima della quinta mafia nell’area del Metapontino. Informazioni utili, stralciate e integrate nell’ordinanza d’arresto dal pm Basentini. U carabnier e il nano feroce erano stati già arrestati per reati a matrice estorsiva a dicembre 2009 (Operazione “Agroracket”cheportò all’arresto di Schettino) e nel gennaio 2010 (Operazione “Mosaico” per Mitidieri). Schettino, in questa ultima vicenda, è presente “de relato”, non essendoci riscontri della sua consapevole partecipazione alle richieste estorsive. Di vitale importanza nella conduzione delle indagini è stata l’opera degli agenti di Scanzano, che come polizia di prossimità, hanno rassicurato le vittime, inducendole a collaborare.
Mitidieri si trova ora recluso nel carcere di Potenza a disposizione del pm Basentini per l’interrogatorio di garanzia. Una scelta voluta, quella di non passare dal carcere di Matera, per agevolare e velocizzare la definizione dell’accusa. Restano aperte le indagini sugli altri episodi simili registratisi nello stesso periodo tra Policoro e Scanzano. Al momento non ci sono prove
della regia unica di Mitidieri, ma gli inquirenti lo sospettano, ritenendola probabile.
Un anno fa l’operazione “mosaico”
VINCENZO Mitidieri è agli arresti dal 26 gennaio 2010. Pare che dicesse alle sue vittime: «Se non vuoi avere problemi devi pagare. Se non lo fai sarà un inferno». Allora fu il titolare di un cantiere edile a collaborare, consentendo l’arresto fulmineo in 48 ore. Mitidieri è accusato di aver chiesto 20.000 euro ad uno dei tre titolari dell’impresa di Policoro. Richiesta che, in un’occasione,
era stata anche accompagnata dalle minacce con una pistola. Gli imprenditori, però, hanno avuto la forza e il coraggio di reagire denunciando il tentativo di estorsione al Commissariato di Scanzano della Polizia di Stato. Mitidieri fu arrestato con l'accusa di tentata estorsione pluriaggravata e continuata. Alla richiesta del denaro, Mitidieri si era sentito rispondere che, se aveva bisogno di un posto di lavoro, avrebbero potuto darglielo. «Non ho bisogno di elemosina. –rispose- Il problema non è mio, è vostro. Se volete continuare datemi 20.000 euro», la risposta secca del pregiudicato. A distanza di un giorno, la richiesta è diventata stringente, inoltrata con la minaccia di un'arma da fuoco. «Anche se ti rivolgi a polizia e carabinieri, ho
centinaia di uomini fuori», aveva detto Mitidieri. Gli imprenditori si sono resi conto che l'unica via d'uscita era quella di chiedere aiuto alle forze dell'ordine.
E la polizia in 24 ore ha identificato l'estorsore, in altre 24 è arrivato il provvedimento del gip Rosa Bia su disposizione del pm Annunziata Cazzetta. Alle quattro di notte una ventina di agenti del Commissariato di Scanzano e della prima sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile di Matera sono piombati in casa di Mitidieri, una villetta con giardino, “presidata” da tre rottweiler, recintata da un cancello che i poliziotti sono costretti a scavalcare poiché il padrone di casa non aveva nessuna intenzione di aprire. Proprio come Schettino su Scanzano, Mitidieri era il punto di riferimento della criminalità locale, era considerato il catalizzatore della criminalità policorese. Il 28 gennaio, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, respinse tutte le accuse. L'avvocato, Maria Delfino, chiese gli arresti domiciliari in sostituzione
della detenzione in carcere, che gli furono concessi.
Processo “Heraclea connection”: inutilizzabili le telefonate
IL GUP Luigi Spina ha accolto i rilievi delle difese e ha dichiarato inutilizzabili
le intercettazioni telefoniche agli atti dell’inchiesta “Heraclea connection”. Per gli avvocati la decisione è stato un grande risultato, che mette a rischio l’in tero impianto accusatorio. L’altra mattina nel Palazzo di giustizia di Potenza
si è conclusa la prima fase dell’udienza preliminare di coloro che finirono in
galera il 1 marzo del 2007. Sono accusati essere stati i registi di un associazione a delinquere di stampo mafioso dedita al traffico di droga (hashish, ma soprattutto cocaina), estorsioni, ricettazione, riciclaggio, rapine e usura. Le indagini dei militari della compagnia dei carabinieri di Policoro e del nucleo operativo di Matera presero le mosse nel 2003 da un anomalo e sproporzionato giro di coca. Per l’accusa il traffico si sarebbe insinuato ben dentro la migliore società della fascia jonica, tanto che secondo gli elementi raccolti nel corso dell’inchiesta, anche due noti locali notturni di Policoro sarebbero stati usati come centro di smistamento e adescamento per giovani
ragazze, avvicinate al consumo della “bianca” per farle esibire in prestazioni
sessuali spinte per i notabili del posto. Quando i boss avrebbero sentito di avere il fiato sul collo sarebbe nata anche l’idea di uccidere l’ufficiale dei carabinieri che si occupava del caso, il capitano Pasquale Zacheo. Quindici giorni dopo gli arresti già il Tribunale del riesame aveva annullato le misure cautelari per mancanza di gravi indizi di colpa.
«Affiliato a mezzo posta»
Antonio Cossidente è un fiume in piena colmo di rancore e voglia di vendetta
mista a disperazione. Il boss pentito dei basilischi ne ha anche per gli “amici” del materano e le sue dichiarazioni sono finite nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Vincenzo Mitidieri, eseguita ieri mattina dagli agenti del commissariato di Scanzano. «A Policoro comanda il clan dei fratelli Mitidieri». Queste le parole di quello che a lungo sarebbe stato il massimo esponente della ‘ndrangheta in Basilicata, e oggi è per molti il più importante collaboratore di giustizia della Dda. Cossidente ha raccontato di aver conosciuto Antonio Mitidieri, fratello di Vincenzo, nel carcere di Matera nel 1996, quando era in corso l’azione di proselitismo del fondatore della quintamafia, Gino Cosentino, il suo predecessore alla guida del clan. «Aderirono a questo progetto anche buona parte della famiglia Scarcia. Parlo di Daniele, Salvatore, lo stesso Giuseppe Scarcia, che erano detenuti lì. Aderirono Fiore Commisso di Policoro, Vincenzo Di Cecca di Matera, Rocco Trolio di Matera e altri soggetti. Antonio Mitidieri di Policoro. Il fratello (Vincenzo. ndr) non c’era, ma gli fu mandata l’ambasciata al carcere dov’era detenuto all’epoca, se non erro a Taranto, quindi anche Enzo Mitidieri, tramite posta, fu avvertito ed aderì. Poi aderirono tante altre persone che all’interno delle carceri furono affiliate con rito battesimale». Prima dei basilischi, sempre secondo il boss Antonio Cossidente, c’erano solo gli Scarcia. E dopo la scissione ognuno sarebbe andato per la sua strada. Ad esempio i clan di Policoro in principio avrebbero fatto riferimento al clan dei Pesce di Rosarno, ma negli ultimi tempi avrebbero stretto nuove alleanze.
Fonte
Il Quotidiano della Basilicata
Antonio Corrado
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