POLICORO – Una storia di integrazione andata a buon fine è la dimostrazione che quando c’è il buon senso tutto si può risolvere. Nei giorni scorsi la triste vicenda di una famiglia del centro jonico e di un romeno che non riuscivano a mettersi d’accordo sul pagamento di un fitto di un’abitazione ad uso civile. Finalmente dopo un lungo tira e molla l’altra sera hanno stipulato il contratto di locazione registrandolo nella sede dell’Agenzia delle Entrate. Ora è tutto legalizzato e così il conduttore potrà pagare le sue 220 euro al mese più l’aumento legato al costo della vita dell’aggiornamento annuale Istat pari al 75%. Trovare il punto di equilibrio non è stato semplice tra le legittime aspettative delle parti. Da un lato l’esigenza di capitalizzare l’investimento immobiliare; dall’altro quello di mantenere la famiglia di tre persone, tra cui anche una bimba, in una realtà economica come Policoro dove, rispetto al panorama comprensoriale c’è più economia ma nello stesso tempo il costo della vita è più alto. Andando sul concreto il prezzo di acquisto di un’abitazione varia tra le 1100,00 e 1300,00 al metro quadro, con i fitti che si aggirano intorno alle 350/400 euro al mese. Nella fattispecie l’accordo salomonico trovato al di là dell’aspetto meramente economico dà l’idea di come l’integrazione sia possibile e necessaria. La prima inizia pressappoco agli inizi degli anni ’90 con lo sbarco degli albanesi dopo le tristi vicende dei conflitti nei Balcani e continua poi con l’arrivo in città di romeni; la seconda invece riguarda il mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Quelli “umili” e a volte anche ben retribuiti per il territorio non vengono presi in considerazione dagli indigeni del posto, lasciando così campo aperto agli stranieri comunitari ed extracomunitari che così possono non solo mantenersi ma anche inviare qualche decine di euro ai propri familiari. E a Policoro le etnie censite sono tante. Quella più numerosa è sicuramente di matrice romena, ma negli ultimi tempi si registrano arrivi anche dall’impero “Celeste” dagli occhi a mandarla che, a differenza di altri, si sono messi in proprio dando vita a una vera e propria chinatown. Il tutto però è potuto accadere grazie al cuore dei residenti italiani, i quali non si sono dimenticati delle proprie origini di popolo con la valigia in mano e hanno accolto con calore e affetto, nella maggior parte dei casi, questi immigrati alla ricerca di un posto tranquillo dove poter vivere una vita dignitosa e lavorare per darsi una identità smentendo lo stereotipo di immigrato uguale delinquente. Senza questa empatia la Lucania sarebbe stata una regione povera non solo economicamente ma anche moralmente.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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