“Nonostante il petrolio e la sua propaganda
collegata, che in Basilicata ci sia un fallimento delle politiche regionali di
sviluppo è alquanto conclamato. Siamo, infatti, diventati la regione più povera
d’Italia (ISTAT 2011), una regione in spopolamento e ai primi posti per
disoccupazione giovanile, con le economie locali legate allo sviluppo agricolo
e agroalimentare (vero volano dell’economia lucana) abbandonate alla forza
degli imprenditori locali, mentre il territorio è stato svenduto alle lobby del
petrolio e dei rifiuti. In questa politica regionale fallimentare, le tre sigle
lucane dei sindacati di Cisl, Uil e Cgil, non hanno niente di meglio da fare
che organizzare le celebrazioni del primo maggio a Corleto Perticara. In un
territorio di proprietà lucana, ma consegnato alle compagnie petrolifere
internazionali in cambio di un piatto di lenticchie e di un'occupazione che,
come dimostra la storia già quasi ventennale della Val d'Agri, è un puro miraggio,
trattandosi al più di qualche decina di unità relegati a mansioni minori (i
tecnici e gli esperti sono tutti di altre regioni e nazionalità). No
Scorie Trisaia si chiede se le celebrazioni sulla giornata del lavoro e dei
lavoratori a Corleto, non siano in realtà un'operazione di facciata alla quale
si prestano i sindacati lucani per dare il loro sostanziale contributo al luogo
comune che il petrolio porta ricchezza e occupazione, in tal modo da
giustificare anche l'assenza di una loro importante azione di denuncia in
merito all'occupazione del territorio, al consumo delle risorse lucane (l'acqua
soprattutto), visto che se ne va circa 1/3 della diga del Pertusillo (esempio
quantitativo industriale) per garantire l' estrazione di petrolio
programmata(per un barile di petrolio occorrono circa 8 barili d’acqua). Il
petrolio è una risorsa a termine e, per sua natura, incapace di creare economia
e occupazione reale e duratura. Anzi, come dimostra l’esperienza della Val
d’Agri e del centro oli di Viggiano, in cambio di un elevato inquinamento e di
qualche decina di unità di assunzioni locali, si è parallelamente notato
un'esponenziale perdita di posti di lavoro in agricoltura e nella relativa
filiera agroalimentare (molte aziende biologiche della Val d’Agri, hanno inoltre grosse
difficoltà con gli enti che non vogliono più certificare la produzione
biologica), col risultato che l'emigrazione, nonostante le promesse dei
petrolieri e dei politici, in buona pace dei sindacati lucani, ha ripreso a
spopolare il presente e il futuro della Basilicata. Il petrolio le popolazioni
locali lo lasciano estrarre quando ci sono le condizioni economiche ed
ambientali per i territori, quando non danneggia la risorsa acqua e le economie
locali, diversamente da come sta avvenendo purtroppo in Basilicata e in Italia,
dove le leggi sono a favore dei petrolieri e non delle comunità. In questa
regione lo sviluppo equo e rinnovabile resta nell’agricoltura, nel mare,
nell’archeologia, nell’agroalimentare, nel turismo e nella tutela della risorsa
acqua che oltre a dare vita e cibo serve per creare migliaia i posti lavoro
proprio in quell’industria alimentare, siderurgica e metalmeccanica che senza
ingenti quantitativi di acqua non potrebbe esistere”, osservano i volontari
dell’associazione.
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