Policoro, 10 dic 2010 – C’è una lapide al cimitero su cui c’è solo la data di nascita della salma che riposa in quel loculo. Non c’è, come per tutte le altre, la data della morte. Quando la cosa è stata riferita alla Gazzetta stentavamo a crederci. Anzi la credevamo non possibile anche da un punto di vista giuridico. Invece, la lastra di marmo con la sola data di nascita e non con
quella di morte esiste. Siamo andati a cercarla. L’abbiamo trovata e fotografata. Con un senso di sgomento e di inquietudine. La lapide commemorativa, infatti, è quella di Mario Milione, di Policoro, trovato morto, trucidato con il fuoco, nel bagagliaio di una Lancia Dedra data alle fiamme nelle campagne di Ginosa, in provincia di Taranto, il 19 ottobre del 2004. L’uomo di cui non si conosce neanche la data del decesso aveva, quando il suo corpo fu rinvenuto carbonizzato, 37 anni. Un delitto col chiaro stampo della criminalità organizzata. Sul marmo sono applicate la sua foto, sorridente; una riproduzione bronzea della Pietà di Michelangelo; un riquadro, anch’esso in bronzo, con su inciso: “Amarti è stato facile dimenticarti impossibile”; una data 18.11.1967, quella di nascita. Non c’è traccia della data della morte. Davanti alla lastra, anche fiori freschi. Significa che i familiari del defunto non l’hanno dimenticato. Come l’hanno dimenticato, al contrario, le istituzioni, tra cui la magistratura, le forze dell’ordine, il suo stesso comune di nascita e residenza, la cosiddetta società civile ed anche quella religiosa. Quest’anno, al sesto anniversario della data del ritrovamento del suo corpo martoriato, data che credevamo quella della sua morte, non abbiamo visto neanche un manifesto funebre commemorativo sui muri. Significa che chi ha voluto e vuol bene a questo morto assassinato, secondo gli investigatori dalla delinquenza tarantina – metapontina, vive in silenzio il suo dolore. Ma possono le istituzioni far calare il velo del silenzio su un omicidio efferato? Può uno sfregio simile contro una Persona, con la P maiuscola, ed i suoi cari rimanere impunito? Può essere dimenticata una morte orribile subita da una Persona senza un moto di ribellione della coscienza individuale e collettiva? Risuonano le parole dell’avvocato della famiglia, Gianni Di Pierri, alla Gazzetta del 18 ottobre scorso: “Quello di Milione è un omicidio dimenticato. Egli è un morto di serie B”. Un pugno nello stomaco della giustizia. Chi riuscirà a far scrivere la data di morte sulla lapide di Mario Milione?
I carnefici senza volto
Forse era ancora vivo Mario Milione quando la Lancia Dedra nel cui bagagliaio era stato nascosto fu data alle fiamme tra il 15 ed il 19 ottobre di sei anni fa. Una morte atroce che grida giustizia contro carnefici ancora senza volto. L’auto con i poveri resti dell’uomo fu rinvenuta in contrada Pantano, a Ginosa. Sul posto intervennero i carabinieri della Compagnia di Castellaneta ed il magistrato Ida Perrone, della Procura di Taranto. Il prof. Luigi Strada, lo stesso del caso Sarah Scazzi, eseguì l’autopsia e scattò radiografie su quelle ossa annerite dal fuoco. Non furono riscontrate lesioni da arma da fuoco. L’analisi del dna confermò che quei resti erano di Milione. La denuncia della sua scomparsa, allontanatosi con la Lancia di un amico, era stata effettuata dalla moglie, Angela Falcone, il 15 di quel mese. Poi, il ritrovamento. Gli inquirenti indagarono sulla via della droga tra Taranto ed il Metapontino. Ma Mario non era mai stato invischiato in storie di spaccio.
Fonte
La Gazzetta della Basilicata
Filippo Mele
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