POLICORO – “Il 3 aprile alle ore 20,30 è stata convocata
un’ennesima riunione estesa a tutte le associazioni produttive della città, a
cui era presente solo un commerciante. Il parroco, don Antonio Mauri, constatata
l’assenza totale e resosi conto che gli assessori e i consiglieri comunali
erano presenti a titolo ‘personale’ (come da loro affermato), vista la non
affidabilità delle Istituzioni (Regione, Provincia Mt, Comune) che ‘promettono’
e non elargiscono contributi, ha ritenuto, con grande rammarico, di
interessarsi solo della parte religiosa della festa”. E’ quanto si apprende
dall’ufficio comunicazione della Chiesa Madre Maria SS. del Ponte di Policoro.
“Come presidente del comitato festa – si legge nella nota – don Mauri l’anno
scorso, dopo aver firmato i contratti (spettacoli, illuminazioni, fuochi, ecc.)
è stato costretto a ‘rimetterci’ economicamente di persona. Ora, se le parti
interessate (ProLoco, Comune, commercianti e tutte le associazioni produttive)
volessero essere disponibili, il parroco non è più disposto a riunioni ed
incontri vari, ma solo a ricevere ‘anticipatamente’ ed al più presto non
promesse ma contributi economici. Don Antonio – conclude la nota – è e rimane
sempre sostenitore che la collaborazione tra la politica, l’economia, le
associazioni e la Chiesa è il segreto per realizzare sempre meglio il bene
comune, come insieme delle condizioni per una vita umana autentica, restando
fermo ad onorare la patrona impegnandosi per la sola festa religiosa nei giorni
18 e 19 maggio con le processioni e le sante Messe”. Dunque fumata nera anche
mercoledì scorso. Il tessuto produttivo locale ha le sue ragioni nel disertare
i tre incontri organizzati finora: crisi economica, concorrenza delle bancarelle.
Stesso discorso per il pubblico: la coperta è corta e le emergenze, soprattutto
sociali, sono sempre maggiori da fronteggiare. Però, sulla scorta delle
dichiarazioni di cui sopra del parroco della Chiesa Maria SS del Ponte, alcune
considerazioni vanno fatte. La festa patronale è la festa della città e le
istituzioni non possono ignorarla. In altre realtà come Matera, Pisticci,
Bernalda è un totem e anche in periodi di congiuntura economica poco favorevole
i soldi per un contributo si trovano. Altrimenti non si spiegherebbe il motivo
per il quale altre feste pagane come il cartellone estivo e la Notte dei colori
costano al contribuente circa 100 mila euro e poi non si trovano i soldi per la
o le feste cittadine, che sono tre nel corso dell’anno. In passato 10 mila
euro, e in qualche caso anche di più (20 mila)!, venivano stanziati per la
festa; oggi se si chiudono i rubinetti erariali improvvisamente il cittadino
contribuente non capisce. Anche il parroco e la chiesa di riferimento però
devono fare la propria parte. Secondo il vecchio comitato che faceva capo a Don
Carlo, la festa rende in termini di obolo circa 20/25 mila euro, soldi che Don
Carlo metteva a disposizione per la buona riuscita della stessa. Oggi la famosa
cassetta per la raccolta fondi casa per casa e nel week end c’è, ma il ricavato
come viene speso? Non si possono chiedere sempre e comunque sacrifici al
tessuto economico, che è quello più penalizzato sia dalle condizioni oggettive
di mercato che soggettive locali: concorrenza degli ambulanti e pressione
fiscale alle stelle dei tributi locali. E’ troppo comodo privatizzare gli utili
e socializzare le perdite.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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