Vitale e Lopatriello in attesa del giudizio
d’Appello
La condanna di tutti e
quattro gli imputati, sia pur al minimodella pena, è stata chiesta giovedì 3
dalla pubblica accusa nel
processo d’appello per le
persone già assolte in primo grado nell’ambito dell’in - chiesta «Toghe
lucane», a suo tempo avviata dall’ex pm diCatanzaro Luigi de Magistris su un
presunto comitato politico- affaristico giudiziario operante in Basilicata, per
le quali venne chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito del filone sui presunti
illeciti nella realizzazione del complesso turistico «Marinagri», a Policoro.
Le richieste di condanna sono arrivate al termine della requisitoria del
sostituto procuratore generale Eugenio Facciolla e la difesa degli imputati ha
già iniziato con il chiedere di dichiarare inammissibile l’appello dell’accusa,
che a dire degli avvocati si baserebbero solo su atti d’indagine poi superati
dalla sentenza con la quale, l’11 dicembre del 2009, il giudice dell’udienza preliminare
di Catanzaro, Gabriella Reillo, al termine dei giudizi abbreviati scagionò i
quattro accusati. Quanto al merito l’avvocato Aldo Casalnuovo è tornato a
ribadire che l’iter amministrativo per la realizzazione di Marinagri sarebbe
stato perfettamente legittimo, e che nessuna delle contestazioni mosse dagli
inquirenti sarebbe fondata. Non sussisterebbe, in particolare, alcuna
violazione edilizia nè tanto meno alcuna truffa ai danni del ministero delle
Attività produttive che peraltro, ha sottolineato il legale, effettuò solo un
investimento minimo nella realizzazione del villaggio turistico. Le arringhe
difensive riprenderanno il 21 giugno, giorno in cui è attesa anche la sentenza
per i quattro imputati: Vincenzo Vitale e Marco Vitale, titolari della
struttura turistica«Marinagri»; Nicolino Lopatriello, ex sindaco del Comune di
Policoro, e Felice Viceconte, dirigente del settore Urbanistica dello stesso
Ente. In primo grado anche lo stesso pubblico ministero, Alberto Cianfarini,
chiese che i quattro accusati fossero assolti «perchè il fatto non costituisce
reato», e il giudice scagionò tutti proprio con quella formula, disponendo
inoltre il dissequestro della struttura turistica, e dell’altro materiale cui
gli investigatori avevano apposto i sigilli.
Fonte
Il Quotidiano della
Basilicata
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