martedì 22 novembre 2011

Messa in ricordo di Mario Milione

POLICORO – Se non ci fosse stata la Santa Messa nella chiesa di Padre Minozzi a ricordarlo, venerdì scorso, la sua morte sarebbe passata inosservata, come lo è d’altronde da sette anni per la giustizia. Tanti ne sono passati alla ricerca di un perché finora senza risposta. Nemmeno i manifesti di qualche settimana fa affissi in città, con tanto di foto, hanno scalfito la sensibilità di chi doveva indagare e non lo ha fatto o lo ha fatto in maniera superficiale; o di chi tace anziché parlare. La foto sorridente di Mario Milione è stata coperta dopo qualche giorno da altri necrologi, e così di fronte all’indifferenza diffusa e omertosa il settimo anniversario è stato celebrato di fronte al Signore, nel giorno del suo compleanno, quasi come se la giustizia materiale fosse fallace e impotente di fronte ad un mistero del genere e ci si rivolgesse a quella divina: sicuramente infallibile. Però la verità, è triste dirlo, è un’altra. Nessuno si è scomodato probabilmente perché non fa notizia andare alla ricerca di chi lo ha ucciso. Perché tra i tanti misteri di questa regione su morti sospette o presunte tali su cui ancora oggi i media narrano le loro storie e le varie ipotesi, quella di Mario Milione non fa share. E invece trovandolo in una contrada tra Castellaneta e Ginosa di Puglia in un’auto carbonizzata qualche indizio c’era per accertare la verità. Ma si è preferito soprassedere o uscirsene con il solito luogo comune circolato in città in questi anni: “E’ stato un regolamento di conti”. Di cosa? E perché? Quando muore una persona per cause non accidentali, indipendentemente da chi esso sia, la ricerca della verità è un obbligo giuridico e morale per non prestare il fianco a polemiche, e ce ne sono state in questi sette anni, su morti eccellenti dove le luci dei riflettori sono sempre accese e quelle dove, per comodità, si preferisce spegnerle stendendo un velo pietoso per sempre. Eppure Mario Milione aveva una famiglia e figli, i quali sono i primi ad avere il diritto di sapere le cause della morte del loro familiare. E da loro che in genere, quando non si hanno prove certe o testimonianze oculari, bisogna partire per capire potenziali moventi e mandanti di una morte avvenuta per mano di chi oggi, probabilmente, gira indisturbato per chissà quale città italiana o estera come se fosse un normale cittadino. E lo è con un piccolo particolare: la coscienza sporca; con l’aggravante di essere in compagnia. A meno che non è già sopraggiunta nel frattempo la giustizia divina.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

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