POLICORO – L’odissea della Flap Fruit e del suo amministratore, Fabio Celano, arriva a Roma. Lunedì 6 marzo l’imprenditore policorese inizierà lo sciopero della fame davanti la sede dell’Anas di via Monzambano nella Capitale: “La mia azienda –spiega- viene costituita nel 1992 e aveva come fine quello di lavorare e trasformare prodotti ortofrutticoli ricevendo finanziamenti regionali per 6 miliardi e mezzo di lire. Nel momento in cui dovevo entrare in produzione, 1999, il compartimento Anas di Potenza mi notifica un decreto prefettizio con il quale mi si espropriavano 6,600 metri quadri di terreno per il raddoppio della 106 jonica, proponendomi in cambio 533.596.907 di lire. Poi –prosegue Celano- nel 2001 l’Anas mi promise la compensazione del restante valore dei terreni espropriatimi con altri attigui allo stabilimento industriale. La “compensazione” totale mi andava bene poiché potevo continuare la mia attività imprenditoriale, solo che l’area non mi è stata mai concessa né dal Comune di Scanzano né dall’Anas. A questo punto mi opponevo all’esproprio “coattivo”, vanamente, che avveniva il 26 settembre 2002 senza lotto adiacente. Così non entrando mai in produzione ho subito danni commerciali enormi tanto che nel 2007 il tribunale di Matera dichiarava fallita, per un debito di 70 mila euro su un valore immobiliare di 3 milioni di euro, la Flap Fruit. I legali dell’Anas nel 2005 durante la causa sostenevano che i danni indiretti che gravavano sulla Flap Fruit ammontavano a 449238,05 di lire, indennità aggiuntiva, dal sottoscritto accettati. Questo però è falso poiché io ho ricevuto solo quella iniziale di 500 milioni su un valore di 875.480.000, come da perizia del consulente dell’Anas Nicola Costantino. Se avessero mantenuto fede a quello che hanno detto sarei rientrato dai debiti, con l’indennità di esproprio totale, e la Flap Fruit ora sarebbe in produzione grazie ai famosi terreni attigui (al confine tra Policoro e Scanzano nel territorio di ques’ultimo Comune ndr). Mi sono anche opposto all’esproprio rivolgendomi alla giustizia amministrativa di Basilicata e il Consiglio di Stato lo rigettava solo per il mancato rispetto dei tempi, accusandomi di aver avuto un atteggiamento ostativo, credendo solo alla versione dell’Anas. Il mio è forse l’unico caso in Italia di fallimento di un imprenditore non decretato dal mercato, come avviene in qualunque Stato democratico, ma da un’ottusa burocrazia”.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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