giovedì 10 marzo 2011
Don Carlo: “Quadro coperto perché troppo spinto. L’artista Dada non ha seguito le mie indicazioni”
POLICORO – Lo splendido dipinto del Masaccio datato 1426-28 “La cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre” per la cappella Brancacci in Santa Maria del Carmine a Firenze, se in Toscana è uno degli affreschi più visitati dai pellegrini, lo stesso non si può dire di un quadro simile che doveva essere esposto nella chiesa Madre Maria SS del Ponte della città di Policoro, poi rimosso. Nei giorni scorsi la giovanissima artista Maria Antonietta Giovinazzo (in arte Dada) lamentava il falso moralismo della curia locale su quel suo capolavoro, fatto rimuovere a suo dire da Don Carlo Ferrarotti, sacerdote della parrocchia, su “mandato” del vescovo della diocesi Tursi-Lagonegro, Mons. Francesco Nolè. Anche se sono passati molti anni, la ferita nella giovane Dada non è stata ancora rimarginata; però dopo il suo sfogo lo stesso Don Carlo ha voluto dire la sua su questa vicenda: “In mia presenza –osserva il prete- Nolè quando ha visto il quadro non ha detto nulla direttamente alla ragazza. In un secondo momento ci siamo confrontati per poi convergere che forse era il caso di ritoccarlo un po’ questo quadro perché troppo “spinto” per il luogo. Così è stata una mia iniziativa dire più volte all’artista di “coprirlo” un po’ nelle parti intime per essere esposto in chiesa. Purtroppo dopo numerose sollecitazioni lei non ha voluto sentire ragioni, nel senso che ha voluto fare di testa sua e così ho dovuto coprirlo. Infatti ancora oggi è qui in chiesa, coperto ovviamente. Se la ragazza vuole continuare nel lavoro da me commissionatogli e non dal Mons. Talucci (il predecessore di Nolè ndr) può tranquillamente ritornare a patto che segua le mie direttive. Senza entrare nel merito del lavoro svolto da chiunque, perchè l’arte è una materia complessa e soggettiva, poiché deve essere esposto in un luogo di culto chiedo un minimo di ritegno. E’ vero che in altre cappelle o chiese ci sono dei nudi integrali, però è altrettanto vero che Policoro non è una città paragonabile a Firenze o Roma, dove la gente è più “emancipata”. Da qui la mia richiesta di renderlo compatibile con il territorio. Nolè non c’entra nulla con questa vicenda poiché non è rimasto né esterrefatto né ha definito osceno il dipinto. I seni di Eva non sembrano molto coperti e chiedevo la realizzazione di fiori e cespugli che avrebbero abbellito il giardino. Inoltre in alcuni passi della Bibbia, riferiti alla simbologia del quadro (Adamo ed Eva), c’è scritto: “allora si aprirono loro gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”; e poi ancora: “Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelle e li vestì”; e solo ai versetti 23,24 dello stesso capitolo troviamo: “Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era tratto. Scacciò l’uomo e pose ad oriente dei giardini di Eden i cherubini…”. Tutti e sei i quadri –continua Don Carlo- che la pittrice doveva dipingere avrebbero dovuto illustrare alcuni momenti della missione terrena di Maria SS., essendo la chiesa madre intitolata a Maria SS del Ponte”. E poi conclude: “Giudicare gli altri non è compito facile e non è di nostra competenza”.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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