lunedì 28 marzo 2011

Fidapa e Unc insieme nella cena al buio

POLICORO – Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più. E che amico. Veramente speciale. Ormai la Fidapa (Federazione italiana donne arti professioni e affari) del centro jonico e l’Unione nazionale ciechi (Unc), sezione di Matera, camminano a braccetto. La prima fa da battistrada, la seconda illumina il cammino con la sua sensibilità. Così venerdì 18 marzo nell’Oro hotel di via Lido di Policoro le due associazioni si sono strette in un abbraccio ideale nell’evento: “Cena al buio”, organizzata dall’Anc. Per molti apparentemente poteva sembrare impossibile mangiare non potendo guardare il piatto, le posate e soprattutto i commensali, invece: “l’esperienza è stata bellissima, -spiega Maria Antonietta Amoroso-. Perché un’emozione del genere nella mia vita non l’ho mai provata e come me tutte le altre persone che si sono sedute intorno al tavolo. Anzi per alcuni aspetti è stato più semplice cenare venerdì che non gli altri giorni in condizioni “normali”. Per un semplice motivo: ci siamo affidati a loro non solo per mangiare, ma anche per camminare e per conoscere chi ci stava al nostro fianco. Gli spazi in quella situazione ci sono sembrati amplificati tanto da colmarli alzando il tono della voce.... e non potete immaginare quanto ci siamo divertiti nel riconoscere le portate!!! Ci siamo affidati a loro: Pino, Caterina, Mario, Grazia e la nostra fiducia è stata ben ripagata, e lo dico senza retorica perché ci hanno fatto sentire a nostro agio e anche privilegiati in un ambiente per noi nuovo dentro il quale solo frequentandolo si può capire la condizione di chi lo vive: un'esperienza fuori dal comune capace di coinvolgere tutti i sensi, escluso uno naturalmente. Noi ospiti siamo stati guidati da personale non vedente che va molto aldilà del semplice atto quotidiano del cenare. Il buio ha caratterizzato la serata e sensibilizzato noi offrendo loro, al contempo, un momento unico e inconsueto per divertirsi”. Oltre l’esperienza umana le finalità sono state anche altre: ridurre la distanza psicologica tra chi ha perso il bene prezioso della vista e chi non ha, questa minoranza visiva; risvegliare i sensi del gusto, dell'olfatto, del tatto, dell'udito; giocare a riconoscere le cose, a distinguere oggetti comuni senza la vista, a godere di sapori e profumi senza lasciarsi influenzare dagli stimoli visivi e dulcis in fundo, ma non meno importante, contribuire attivamente ad un progetto di volontariato e solidarietà. “Non ci siamo tutti dimenticati nemmeno della celebrazione, anche se con un giorno di ritardo –conclude la Amoroso- dei 150° dell’anniversario dell’Unità d’Italia e cantato tutti insieme l’Inno di Mameli dove ci siamo sentiti fratelli d’Italia, di sangue e soprattutto uguali”.

Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

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