POTENZA - Alla fine l’unico che è stato condannato è il pentito che ha dato il “la” all’inchiesta. Al termine di una breve camera di consiglio il gip del Tribunale di Potenza ha assolto tutti gli altri imputati nel processo soprannominato “San Basilio”, su una presunta associazione a delinquere di stampo mafioso che sarebbe stata operante nel Metapontino tra il 1990 e il 2008. I tarantini Francesco Scarci, Emanuele Ricci, Nicola Gagliandro, Giuseppe Gagliandro ,Domenico Nisi, Salvatore Viviano e Salvatore Todaro erano accusati di essere gli eredi della storica cellula originale del cosiddetto clan “Scarcia”.Con loro l’altra mattina sono stati prosciolti anche i lucani, Salvatore Scarcia e Vincenzo Caldararo, difesi dall’avvocato Nicola Cataldo e Antonello Bonfantino, mentre Amedeo Cataldo ha assistito Giuseppe Gagliandro. Mentre i primi hanno optato per il rito abbreviato e sono stati assolti nel merito «perchè il fatto non sussiste» (quanto all’accusa di associazione mafiosa) e «per non aver commesso il fatto» (quanto alle accuse per armi ed estorsione), i secondi si sono accontentati di un proscioglimento. Il pm aveva chiesto per i primi condanne tra sette anni e 11 anni di reclusione, e il rinvio a giudizio dei secondi. Il gup del Tribunale di Potenza ha invece condannato con il rito abbreviato a sei anni di reclusione Carlo Lombardi, pregiudicato di Taranto diventato collaboratore di giustizia, che era accusato di associazione mafiosa e detenzione di armi ed esplosivo. L’inchiesta fu avviata nel 2006, quando Lombardi consentì il ritrovamento di armi ed esplosivo, attribuendo la responsabilità agli ex sodali.
Fonte
Il Quotidiano della Basilicata
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