martedì 10 maggio 2011

Omicidio Mitidieri, cambiano i giudici

POLICORO - Sono passati sei lunghi anni, da quella maledetta notte del 7 maggio 2005, quando l’operaio 23enne Francesco Mitidieri morì per una coltellata al cuore, sferratagli durante una mega rissa, scoppiata davanti a un noto discopub di Policoro. Tutto scaturì, come accade quasi sempre in questi assurdi casi di omicidio, da motivi futili: lo sguardo troppo insistente di uno di tre ragazzi calabresi di Cassano allo Jonio (Cs) a una ragazza che faceva parte della comitiva di Mitidieri. Pochi minuti per scatenare l’inferno, una mega rissa con circa 200 persone implicate a vario titolo e solo in parte identificate dai carabinieri. Tra di loro anche diversi pregiudicati. Sono passati sei anni da quel dramma, che scosse profondamente l'intera citta jonica. Francesco aveva solo 23 anni e, almeno secondo la prima ricostruzione dei fatti, sarebbe morto per difendere un amico disabile, incappato nella rissa. Dopo anni di schermaglie legali, la responsabilità della rissa è ricaduta quasi esclusivamente sui tre calabresi, due dei quali sono stati condannati solo per rissa aggravata, ma il terzo,il più giovane, Antonio Francese, oggi 24enne, accusato dell’omicidio. Il 26 marzo scorso si è svolta a Potenza, davanti alla Corte di Assise, l’udienza per l'omicidio di Policoro, ma è stato tutto rinviato al prossimo 17 maggio, a causa del cambiamento di composizione del collegio giudicante. Il processo rischiava, dunque, di arenarsi,mail Pm e i difensori degli imputati hanno dato il consenso a procedere. Nel corso dell'udienza del febbraio scorso erano stati interrogati i testi di Antonio Francese, poco più che diciottenne all'epoca dei fatti e oggi unico imputato; Carlo
Achillea e Rocco Labanca. Di questi ultimi, il primo dei due, residente a Policoro, inizialmente con le sue dichiarazioni aveva modificato la tesi dell'accusa e delle persone offese, ma ha poi chiarito che quanto detto era l'esito di un sentimento di paura percepito in un bar della stazione a Sibari (Cs), incontrando i familiari dell'imputato. Achillea aveva, infatti, riferito al suo collega Labanca, che a commettere l'omicidio non fosse stato Francese, ma Gianfranco Prillo, l’amico disabile che Mitidieri avrebbe difeso. Una tesi di cui, peraltro, si era fatto portavoce in più occasioni di confronto pubblico, anche uno dei legali della famiglia Francese, l’avvocato Guaglianone, che da sempre porta avanti la tesi della morte per “fuoco amico”, ovvero a causa di una coltellata che Prillo avrebbe scagliato
contro Francese, tenuto da dietro da Francesco Mitidieri. Secondo la ricostruzione del suo legale, il giovane calabrese si sarebbe repentinamente scostato, facendo finire contro il povero Mitidieri il fendente destinato a lui. Tesi tutta da provare, anche perché il coltello non è stato mai ritrovato.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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