Tra l’incalzante
secolarizzazione, una devozione popolare che trae linfa, talvolta, dalle sole
tradizioni familiari, e un disagio socio-economico che favorisce una nuova
emigrazione, si inserisce un rinnovato disegno di speranza dettato dall’Anno
della fede e capace di incidere nella storia. Con questo auspicio l’arcivescovo
di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo, Agostino Superbo, presidente della
Conferenza episcopale di Basilicata, incontrerà oggi Benedetto XVI, assieme
agli altri cinque vescovi della regione, in occasione della visita ad limina.
Quali attese hanno i
vescovi lucani in vista dell’incontro con il Papa?
Benedetto XVI ogni giorno ci fa
pervenire il dono del suo ministero apostolico e del suo Magistero sapiente ed
illuminato. Le nostre comunità diocesane si stanno incamminando sulla strada
indicata da lui, in quest’Anno della fede: occorre attraversare la porta della
fede per vivere in comunione con Dio e con i fratelli e per immettersi in un cammino
che dura tutta la vita. A partire dall’incontro con il Signore, insieme,
pastori e fedeli, desideriamo, con la carità di Cristo, esser vicini a tutti
«per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso
l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in
pienezza». Il Santo Padre ci confermerà oggi in questo proposito. L’ascoltarlo
e salutarlo da vicino darà uno slancio e un entusiasmo nuovo che si rifletterà
nel servizio pastorale alle nostre comunità.
In una regione dalla fede
tradizionalmente radicata come la Basilicata, quanto incide la
secolarizzazione?
La cultura e la prassi derivanti dalla secolarizzazione non hanno risparmiato la nostra regione. La secolarizzazione, «il vivere come se Dio non ci fosse», non si manifesta con forma culturale esplicita e strutturata, come l’ateismo materialistico del secolo scorso. Essa è un’atmosfera sottile, che tutti respiriamo. Tuttavia, credo che in Basilicata non abbia ancora toccato per intero le radici profonde dell’esistenza nelle persone e nelle famiglie. Questo è il momento opportuno per testimoniare a tutti la fede in Gesù Cristo, secondo le parole del Papa, come «modo gioioso di vivere».
Come si può passare da una fede spesso stanca e ripetitiva, non di rado fortemente ancorata alle sole tradizioni di famiglia, a una in grado di intercettare le nuove domande della gente?
In effetti, la fede popolare appare talvolta come «stanca e ripetitiva… fortemente ancorata alle sole tradizioni di famiglia». Ma questa visione non rende ragione di tutta la realtà religiosa lucana e, soprattutto, dell’opera dello Spirito Santo, anche nelle comunità piccole e isolate. È vero che la fede popolare non sempre si esprime in coerenza evangelica soprattutto nella dimensione sociale, ma è sentita e profonda. Essa esprime un vero bisogno di incontro con il Signore attraverso la devozione popolare alla Madonna e ai santi. Questa fede può crescere e, comunque, in non pochi momenti di sofferenza e difficoltà, costituisce, per molti, l’unica ragione di speranza.
La cultura e la prassi derivanti dalla secolarizzazione non hanno risparmiato la nostra regione. La secolarizzazione, «il vivere come se Dio non ci fosse», non si manifesta con forma culturale esplicita e strutturata, come l’ateismo materialistico del secolo scorso. Essa è un’atmosfera sottile, che tutti respiriamo. Tuttavia, credo che in Basilicata non abbia ancora toccato per intero le radici profonde dell’esistenza nelle persone e nelle famiglie. Questo è il momento opportuno per testimoniare a tutti la fede in Gesù Cristo, secondo le parole del Papa, come «modo gioioso di vivere».
Come si può passare da una fede spesso stanca e ripetitiva, non di rado fortemente ancorata alle sole tradizioni di famiglia, a una in grado di intercettare le nuove domande della gente?
In effetti, la fede popolare appare talvolta come «stanca e ripetitiva… fortemente ancorata alle sole tradizioni di famiglia». Ma questa visione non rende ragione di tutta la realtà religiosa lucana e, soprattutto, dell’opera dello Spirito Santo, anche nelle comunità piccole e isolate. È vero che la fede popolare non sempre si esprime in coerenza evangelica soprattutto nella dimensione sociale, ma è sentita e profonda. Essa esprime un vero bisogno di incontro con il Signore attraverso la devozione popolare alla Madonna e ai santi. Questa fede può crescere e, comunque, in non pochi momenti di sofferenza e difficoltà, costituisce, per molti, l’unica ragione di speranza.
La Conferenza episcopale
della Basilicata, in più occasioni negli ultimi anni, e con un linguaggio
schietto e persino "scomodo", ha parlato di «uno sviluppo regionale
distorto» e ancorato a logiche clientelari. Cosa preoccupa di più voi vescovi e
quali sono invece le vere risorse su cui dovrebbe puntare la regione per il suo
sviluppo?
Oggi la più grande
preoccupazione, che affianca il compito primario della nuova evangelizzazione,
è costituita dalla perdita di posti di lavoro e dalla mancanza di prospettive
di lavoro per i nostri giovani. La disoccupazione giovanile raggiunge cifre
impressionanti, al di là della media nazionale. Ci domandiamo: come potranno i
giovani avere progetti sereni e dignitosi per costruire una famiglia? Come
potranno pensare di vivere dignitosamente senza emigrare? Quale futuro ha la
regione? Di fronte a queste domande cerchiamo di porci con spirito evangelico e
di contribuire, come Chiesa, alla creazione di una cultura che dia priorità
alle famiglie, ai poveri, ai giovani. Il nostro contesto culturale e
relazionale, ben valorizzato, può favorire progetti validi, efficaci e
significativi.
Di cosa hanno bisogno oggi le nuove generazioni lucane?
Di cosa hanno bisogno oggi le nuove generazioni lucane?
Le nuove generazioni sono
portatrici di nuove risorse. I giovani hanno bisogno, a mio parere, di stima e
di fiducia, da manifestare non con espressioni programmatiche ma con decisioni
ed orientamenti concreti, anche nella programmazione politica. Nella Chiesa
avvertiamo l’esigenza di rafforzare i canali che portano, con vero spirito
apostolico, le comunità ecclesiali vicino ai giovani anche a quelli emarginati
o lontani. Le nuove generazioni sono un grande dono per la nuova
evangelizzazione.
Fonte
Avvenire
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