giovedì 4 ottobre 2012

Tentato omicidio Pascale. Tante le ipotesi al vaglio degli inquirenti





POLICORO – Non si registrava da anni nella città jonica un agguato in pieno stile mafioso: un uomo esce dalla propria abitazione e viene colpito a freddo da un colpo d’ arma da fuoco. Davide Pascale ha rischiato di morire intorno alle 20:15 del 2 ottobre quando un killer lo ha aspettato fuori il portone della sua abitazione per freddarlo. Fortunatamente è fuori pericolo. Nella stessa serata l’èquipe del dott. Vincenzo Sassone l’ha operato e ora si trova nel reparto di rianimazione del locale nosocomio “Giovanni Paolo II”. Il colpo ha colpito il giovane policorese all’addome, gluteo e coscia. La prognosi è riservata e non si sa quando sarà sciolta. Nel quartiere di Gonzaga, una perpendicolare di via Puglia alle spalle della caserma della Guardia di finanza, dove vive Pascale ci sono circa 300 persone ed è un popoloso rione che si divide in due blocchi: uno di trentasei famiglie le cui abitazioni sociali risalgono a diversi anni fa, l’altro di recente assegnazione. A differenza di quello che si possa pensare la vita è tranquilla e non si è mai verificato nulla di negativo né nella parte “vecchia” né in quella più recente. Tra di loro ci si conosce a malapena tanta è la riservatezza tra i residenti: “Sono rientrato a casa –ci spiega il vicino di casa G.C. di Pascale- intorno alle 20:00 e già in strada era una serata come tutte le altre. Dopo una mezzoretta ho visto un via vai impressionante di gente tra cui molti carabinieri. Ho chiesto a mia madre che è stata in casa tutto il pomeriggio cosa fosse successo e non mi ha saputo spiegare nulla. Quando sono sceso per strada mi sono accorto che c’era stato un tentativo di omicidio. Da quello che ho potuto capire dagli inquilini dal palazzo dove abita Pascale una persona lo stava aspettando “al varco” come si suol dire in queste circostanze. Non ho sentito nessun colpo d’arma da fuoco forse perché abbiamo un sistema di coibentazione tale che attutisce tutti i suoni che provengono dall’esterno”. Sembra piovere dalle nuvole un altro vicino di casa N.N.: “Sinceramente ho appreso la notizia solo questa mattina (ieri per chi legge ndr) e non so proprio nulla di ciò che è accaduto. Anzi non sapevo nemmeno che questo ragazzo abitasse nel mio quartiere!”. Frasi di circostanza dietro le quali si cela un’ omertà diffusa? Il quartiere è abitato da tante persone, tutte perbene, però è molto strano che a quell’ora nessuno abbia visto nulla. Ad ogni ora della giornata c’è qualcuno affacciato al balcone e siccome il portone di Pascale è proprio all’ingresso difficile immaginare ad una scena da film western girata in una città fantasma. Oltretutto la stessa via Gonzaga è un’arteria molto trafficata dove c’è il passaggio di moto, macchine e pedoni almeno fino all’ora del tentato omicidio. Lo stesso attentatore conosceva bene le abitudini di Pascale e sapeva che intorno a quell’ora sarebbe ritornato a casa. A meno che un suo complice non lo ha seguito per poi avvisare, magari con un sms o telefonata, lo stesso malvivente che poi si è piazzato vicino il portone per l’esecuzione e dopo fuggire o verso l’intersezione con via Massimo D’Azeglio o nell’adiacente spiazzo sterrato che porta dritti dritti alla parallela via Salerno. Difficile l’altro percorso in direzione via Genova perché oltre al presidio delle Fiamme gialle c’è sempre un po’ di traffico a quell’ora. Gli inquirenti  indagano a 360 gradi anche se, da nostre indiscrezioni, stanno stringendo il cerchio su gente del posto. Nella serata del misfatto dopo alcune ore una gazzella dei militari dell’Arma con le sirene spiegate rientrava in caserma in via Montebianco. C’era un sospettato all’interno? E qualche ora dopo un incendio di natura dolosa divorava un’azienda agricola nella vicina Troyli. Episodi legati tra loro? Per il resto in mano agli inquirenti non resta che la pista del fratello di Pascale, grande accusatore, stando all’inchiesta della Guardia di finanza, di uno degli imputati al processo sull’appalto della pubblica illuminazione comunale Led del gennaio 2011, la cui prima udienza dopo il rinvio a giudizio del 25 settembre di tutti i sospettati è prevista per  dicembre; o l’altra più politica visto che moglie, Veronica Lapadula, è consigliera comunale di maggioranza in quota Pdl. Quest’ultima ipotesi sembra più accademica che reale visto che alle ultime elezioni è stata ripescata nella massima assise consiliare per l’incompatibilità tra la carica di consigliere e quella di assessore. Oltretutto è entrata in Consiglio con una manciata di voti: solo quelli di famiglia. Quindi non ci sarebbero promesse non mantenute.

Gabriele Elia    
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

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