"Sono fortemente preoccupato e dispiaciuto per gli atti criminali e intimidatori che si stanno verificando nella comunità di Policoro e nel Metapontino in genere". A dichiararlo é il consigliere del Partito democratico al Comune di Policoro, Fabiano Montesano. "Le forze dell'ordine e gli inquirenti - aggiunge l'esponente del Pd - stanno lavorando alacremente per consegnare alla giustizia chi si é reso responsabile dei gesti criminosi che hanno creato angoscia e sconcerto nel territorio dell'intero Metapontino. Alle vittime degli attentati incendiari che ormai da anni purtroppo "non fanno più notizia" porgo la mia personale solidarietà ed al contempo li invito a non chinare la testa, conscio del fatto che il bene e la giustizia trionfano sempre. Lo stesso invito é rivolto a coloro i quali, come il sottoscritto, ricoprono incarichi pubblici di amministratori e rappresentanti politici a vari livelli. Ognuno nel suo piccolo - conclude Montesano - deve far sentire la propria voce, solo così si possono creare i presupposti per scongiurare in futuro altri atti criminosi ed eventi delittuosi".
La Chiesa contro la
violenza
“Dopo i noti fatti criminosi di questi giorni, la Chiesa ha
il dovere di perdonare, ma non nascondere la verità: ribadiamo, in maniera
chiara ed inequivocabile, questa è la nostra posizione cattolica cristiana, e
come in più occasioni viene sottolineato dalla dottrina cattolica, la condanna
contro ogni forma di delinquenza sia privata che organizzata, sia essa definita
mafia, ‘ndrangheta o camorra. Lo ribadiamo forte e chiaro senza paura, e senza
nessun timore, essendo a capo della Chiesa policorese ed in un territorio
certamente non da definire ‘ad alta densità mafiosa”. E’ quanto fanno sapere
don Antonio Mauri, don Salvatore De Pizzo e don Nicola Modarelli,
rispettivamente parroci di Policoro (MT) della Chiesa Madre Maria SS. del
Ponte, del Buon Pastore e di San Francesco. “Il perdono di Dio è sempre
possibile, ma non facile. Esso deve essere il risultato di un pentimento
sincero, profondo, soprattutto intimo; la scelta di una conversione
irreversibile. Che può essere anche la scelta dell’uomo di
‘ndrangheta; del più cattivo, del più violento o disumano tra i delinquenti.
Non stiamo parlando di un traguardo facilmente raggiungibile. Altro aspetto –
affermano i parroci -, sono le responsabilità sociali, nei quali è la giustizia
intesa nel significato più alto del termine, a considerare e prevedere
comprensione, indulgenza o severa ed assoluta condanna. Il nostro invito
amorevolmente è rivolto a duri e spietati uomini di malaffare; la nostra
implorazione a riconoscere, per sempre, la giusta ed unica via della fede e
dell’amore cristiano verso il prossimo, verso tutti, verso la società, nella quale
nessuno può e deve essere considerato nemico, o peggio, definitivamente perduto
rispetto ai valori che l’uomo ha posto alla base della sua esistenza terrena.
Il perdono, anche nei confronti di uno spietato ‘ndranghetista – continuano
congiuntamente don Antonio, don Salvatore e don Nicola - non rappresenta una
resa della Chiesa, ma l’esaltazione della sua forza rispetto ad un ‘potere’
effimero e precario. Sono parole scaturite da un cuore che porta dentro
di sé la cultura dell’amore ed il perseverare di una speranza sempre fervida
dell’uomo che nel suo animo è sempre portatore di bene e non di male. La pace,
il perdono, il pentimento, la conversione. Perdonare non significa condividere
il peccato. Quanto piuttosto esaltare quei valori di fede che sono alla base
della dottrina della Chiesa e i valori sociali che rappresentano il fondamento
del nostro essere comunità, Stato, società. La chiesa, non lo dimentichiamo, ha
pagato prezzi altissimi nella battaglia contro ogni tipo di organizzazione
criminale, sacrificando la vita di sacerdoti che hanno fatto del loro magistero
spirituale l’arma con quale hanno combattuto in prima linea ed a viso aperto le
ingiustizie, le sopraffazioni, i soprusi, le prepotenze, le violenze di uomini
senza scrupoli, contro i quali la Chiesa – concludono i parroci - non ha mai
puntato strumenti di offesa, ma esempi concreti di amore verso il prossimo,
solidarietà, salvaguardia dei più deboli, dei più indifesi, spesso dei più
giovani, per accogliere l’uomo attraverso la testimonianza dell’amore di Cristo
che ha donato se stesso per salvare gli uomini”.
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