POLICORO – Di questi periodi
imbattersi in persone colleriche è all’ordine del giorno: ce chi ha perso il
lavoro, chi non ce l’ha, chi è precario, chi ha subito un’ingiustizia, chi un
furto e l’elenco potrebbe continuare. Il periodo non è dei migliori in tutti i
sensi. Però nei meridionali questo sentimento di collera è antropologico,
insito nel Dna. E ha spiegarlo domenica sera 21 ottobre nella biblioteca comunale
di Policoro “Massimo Rinaldi” ci ha pensato lo scrittore Andrea Di Consoli,
autore del libro: “La collera”. Di Consoli, nato a Rotonda (Pz) e vissuto in
Svizzera per alcuni anni, impersona in Pasquale Benassia il classico
meridionale piagnone che non sa fare altro che lamentarsi, non apprezzando ciò
che di positivo circonda il Sud, in questo caso la Calabria, da dove Benassia
parte alla volta di Torino. Di Consoli sostiene che lo status di
meridionalista-pessimista sia dovuto all’irrazionalismo, agnosticismo di cui è
impregnato il meridione che ha rifiutato il pragmatismo illuminista del 1700
per continuare a sposare la causa borbonica, quasi mistica, del tanto peggio
tanto meglio. A rifiutare ogni forma di perfezione per andare alla ricerca
sempre dell’errore, della negatività quasi come se fosse una consolazione del
suo status di “maledetto” e predestinato per essere nato in una porzione
d’Italia da sempre vista come la palla al piede della Penisola, che si è inventata
lo stereotipo della Questione meridionale, la cui bibliografia è lunga e
sterminata, per giustificare ogni comportamento umano quotidiano, anche quando
è contra legem. Già perché, sempre secondo Di Consoli, il meridionale ha un
rifiuto a priori dello Stato visto come entità collettiva di bene comune e di
progresso per tutti. Anche se di questi periodi parlare di Stato, nella sua
accezione del termine, è quasi una bestemmia, a parere dell’autore del romanzo
il meridionale è sempre colui che pensa di essere lo Stato, di sostituirlo in
tutto e per tutto, che auto legifera, il capopolo di una serie di istanze e
interessi di un gruppo di persone. E deve essere lui stesso ad avere l’ultima
parola, a decidere per sé e gli altri. Da qui nasce il titolo: “La collera”,
dall’incapacità di autodeterminarsi. La serata è stata introdotta dal direttore
de “Il Quotidiano della Basilicata”, Paride Leporace, il quale ha affermato che
non mancano spunti di riflessioni e provocazioni nella trama del romanzo di Di
Consoli, che pur nella sua complessità si legge tutto di un fiato come i testi
di qualità, mettendo a nudo la dicotomia Nord-Sud rivisitando la Questione
meridionale paragonandola alla stregua non di un problema nazionale o
addirittura europeo, bensì solo di un luogo comune. Tra i relatori anche il
consigliere regionale Mario Venezia (Pdl), che ha focalizzato il suo intervento
sulla necessità che “La collera” sia un libro che debba girare in molti, se non
tutti, Comuni della Basilicata per smuovere le coscienze dei lucani: cambiare
si può. Iniziando così un processo di sviluppo culturale prima ed economico poi
auto propulsivo che parta dal basso e non dalla classe politica regionale
affaccendata più nella gestione della res pubblica quotidiana e dal corto
respiro che non a valorizzare il patrimonio umano, naturale e culturale di
questa terra rendendola libera e non dipendente dal rais di turno. Un
contributo prezioso alla discussione è stato portato anche dal giovane studioso
di storia, Giorgio Santoriello, a cui si sono aggiunti gli interventi del
pubblico nella persona di Iwa Comporato e Carmela Suriano. Massimo Scarcia,
assessore comunale alla Cultura, ha portato i saluti dell’Amministrazione
comunale spiegando che la collera è un sentimento che deve sfociare non nella
violenza, bensì nella proposta e risposta ai tanti problemi che attanagliano il
Sud.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della
Basilicata)
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