venerdì 26 ottobre 2012

Sedici mesi dopo, la Cassazione


Sedici mesi per scrivere le motivazioni di una sentenza, preparare i ricorsi, inviare le carte al “palazzaccio” sul lungotevere e fissare un’udienza sembrano un po’ troppi. Ma tanto c’è voluto perché il maxi-processo “revival”arrivasse davanti ai giudici della Corte di cassazione. Così persino il boss Salvatore Scarcia, nonostante la condanna in secondo grado per associazione armata e spaccio di stupefacenti a 21 anni di reclusione, lo scorso 24 aprile è tornato in libertà per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare. Si deciderà a novembre il destino dei reduci dello storico clan di Zi’Emanuele,un tempo egemone - secondo gli inquirenti - di tutti i principali business criminali nel metapontino. L’operazione risale al 19 gennaio 2006, ed è una delle ultime condotte dall’antimafia nella zona. Quel giorno in 32 vennero arrestati, con accuse a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e spaccio di droga sulla fascia jonica tra Basilicata e Puglia. L’indagine in realtà era cominciata nell’ottobre 2002 e aveva già portato al sequestro di armi, esplosivi, assegni,denaro contante e cocaina. Il nome deriva dal fatto che si trattava degli stessi personaggi già coinvolti in precedenti operazioni sul territorio (come “Siris” e “Basilischi”), che avrebbero voluto «ribadire » proprio la loro egemonia delinquenziale nel metapontino anche in forza di un solido legame con il clan Parisi di Bari, individuato come il centro operativo per l’approvvigionamento continuo di varie partite di cocaina da destinare al mercato lucano. Oltre al 45enne Salvatore Scarcia, figlio dell’anziano capofamiglia, il 12 luglio del 2011 sono state condannate dalla Corte d’appello di Potenza altre otto persone, con pene comprese tra i 21 anni del primo e i tre anni e 15 giorni, per un totale di 67 anni, sei mesi e 15 giorni di reclusione. Quelle più pesanti sono andate ad Abele Vincenzo Casulli (11 anni), Luigi De Padova (10 anni e 2 mesi), Giuseppe De Padova (7 anni e 2 mesi), Alessandro De Bernardis (7 anni) e Antonio Stasi (5 anni). Ma tra tutti solo il boss Salvatore restava ancora in prigione. Fino allo scorso mese d’aprile.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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