Sedici mesi per scrivere le
motivazioni di una sentenza, preparare i ricorsi, inviare le carte al
“palazzaccio” sul lungotevere e fissare un’udienza sembrano un po’ troppi. Ma
tanto c’è voluto perché il maxi-processo “revival”arrivasse davanti ai giudici
della Corte di cassazione. Così persino il boss Salvatore Scarcia, nonostante
la condanna in secondo grado per associazione armata e spaccio di stupefacenti
a 21 anni di reclusione, lo scorso 24 aprile è tornato in libertà per scadenza
dei termini massimi di custodia cautelare. Si deciderà a novembre il destino
dei reduci dello storico clan di Zi’Emanuele,un tempo egemone - secondo gli
inquirenti - di tutti i principali business criminali nel metapontino.
L’operazione risale al 19 gennaio 2006, ed è una delle ultime condotte
dall’antimafia nella zona. Quel giorno in 32 vennero arrestati, con accuse a
vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e spaccio di droga
sulla fascia jonica tra Basilicata e Puglia. L’indagine in realtà era
cominciata nell’ottobre 2002 e aveva già portato al sequestro di armi,
esplosivi, assegni,denaro contante e cocaina. Il nome deriva dal fatto che si
trattava degli stessi personaggi già coinvolti in precedenti operazioni sul
territorio (come “Siris” e “Basilischi”), che avrebbero voluto «ribadire »
proprio la loro egemonia delinquenziale nel metapontino anche in forza di un
solido legame con il clan Parisi di Bari, individuato come il centro operativo
per l’approvvigionamento continuo di varie partite di cocaina da destinare al
mercato lucano. Oltre al 45enne Salvatore Scarcia, figlio dell’anziano
capofamiglia, il 12 luglio del 2011 sono state condannate dalla Corte d’appello
di Potenza altre otto persone, con pene comprese tra i 21 anni del primo e i
tre anni e 15 giorni, per un totale di 67 anni, sei mesi e 15 giorni di
reclusione. Quelle più pesanti sono andate ad Abele Vincenzo Casulli (11 anni),
Luigi De Padova (10 anni e 2 mesi), Giuseppe De Padova (7 anni e 2 mesi),
Alessandro De Bernardis (7 anni) e Antonio Stasi (5 anni). Ma tra tutti solo il
boss Salvatore restava ancora in prigione. Fino allo scorso mese d’aprile.
Fonte
Il Quotidiano della Basilicata
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