POLICORO - Il
maxi-emendamento proposto dal governatore lucano, Vito De Filippo, è stato
scritto in pieno stile burocratese, ed è stato “furbescamente” sintetizzato
dalla stampa – prima della sua discussione in Consiglio Regionale – con il
concetto che “De Filippo ferma le trivelle”. La Ola (Organizzazione lucana
ambientalista) ed il movimento “NoScorie Trisaia” denunciano, ancora una volta,
la colossale disinformazione, secondo loro, sui temi del petrolio in
Basilicata. “Non comprendiamo il senso dell’articolo 19 del suo
maxi-emendamento se non in un contesto meramente politico ed elettoralistico.
All’indomani dell’entrata in vigore definitiva del suddetto provvedimento – con
la concretezza che ha sempre ispirato le nostre azioni – la chiederemo al
presidente Vito De Filippo, o al suo successore, di emettere provvedimenti di
sospensione degli iter autorizzativi per ogni titolo minerario in itinere,
tanto per fugare ogni sospetto – non solo da parte nostra, ma anche dei
numerosi cittadini ed amministratori locali che si oppongono alla “Basilicata
Gruviera d’Italia” – che possa essersi trattato solo di una sua iniziativa
elettorale, magari per ricontrattare qualche spicciolo in più di royalties per
tenere buoni i sindaci interessati dal raddoppio delle estrazioni, del resto
previsto con il Memorandum. Infatti, maxi-emendamento a parte, De Filippo ha
già preservato e blindato il raddoppio delle estrazioni dal sottosuolo della
Basilicata, dato che ha concordato di portarle dai 91 mila ai 180 mila barili
giornalieri, spacciandole – appunto – per “intese” già comprese dagli accordi
del 1998 e del 2006. Il governatore avrebbe fatto sapere ai bene informati che
può fermare tutte le trivelle future ad eccezione di quelle che ha già
concordato sulle teste dei cittadini e degli amministratori lucani e che
porteranno gli introiti delle società minerarie da circa 9 milioni di euro a 20
milioni di euro al giorno, triplicando i rischi di inquinamento delle falde
acquifere. Il tutto giustificato in nome di un sacrificio richiesto dal nostro
Paese, in termini di fabbisogno energetico nazionale, stimato in un 6%. Cifra
“ininfluente” per i bilanci dello Stato e della Regione, ma non per le casse
delle società minerarie. I pozzi non realizzati con gli accordi del 1998 vanno
considerati, dopo 14 anni, decaduti e non applicabili, anche perché necessitano
di una sesta linea al Centro oli di Viggiano che non è autorizzata, e perché
buona parte dei nuovi pozzi (26 mila barili al giorno) verrebbero realizzati –
altro che moratoria – sui monti di Marsico Nuovo, dove insistono le numerosi
sorgenti del fiume Agri. Il rischio, con questa perforazione d’altura, come
afferma il professor Franco Ortolani dell’Università Federico II di Napoli, è
che si inquini l’Agri per diverse generazioni. L’attuale estrazione di 91 mila
barili al giorno, nonostante le convinzioni del governatore sull’ impatto sul territorio delle
attività estrattive, ha già determinato uno spaventoso inquinamento della diga
del Pertusillo (come da dati Epha della ricercatrice Albina Colella), con
concentrazioni nei sedimenti del bacino idrico di idrocarburi totali
corrispondenti a ben 559 milligrammi per chilogrammo (mg/kg) e rilevati alla
foce nel lago degli affluenti Spetrizzone e Scannamogliera, e di 122
milligrammi per chilogrammo (mg/kg) alla foce lacustre del Torrente Rifreddo.
Condizione che segnala un’attività inquinante da circa 10 anni e che
compromette la catena alimentare lucana legata al ciclo dell’acqua, il
commercio dei prodotti agricoli irrigati con l’acqua dell’Agri e il turismo
lungo le coste joniche. La Ola e NoScorie denunceranno alla “Commissione
europea per i diritti dell’uomo” le nuove perforazioni che la Regione consentirà
lungo le sorgenti del fiume Agri – altro che moratoria – più il pozzo di
reiniezione Monte Alpi 9 or che la Regione e l’Eni vogliono attivare lungo la
faglia sismogenetica di Grumento Nova. E se il governatore ha tanta difficoltà
giuridica a far valere le ragioni di tutela della salute ambientale e pubblica
della Basilicata nei confronti di un’evidente attività invasiva ed inquinante
della sua terra, oltre a dimettersi per incapacità amministrativa, potrebbe
sempre controfirmare la nostra denuncia di difesa dei diritti dell’uomo
lucano”.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della
Basilicata)
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