lunedì 16 luglio 2012

“Nano feroce” resta in galera


Tutto è nato dalle bottiglie incendiarie ritrovate nell’autunno2009 davanti ad alcune aziende tra Policoro e Scanzano Jonico. Nell’arco dei 13 mesi precedenti gli attentati ad attività economiche nell’area del metapontino erano stati almeno nove, ma gli investigatori si erano imbattuti nella difficoltà di ricostruire l’antefatto. Nessuno dei titolari si era fatto avanti per fornire informazioni utili. Così anche quelli dell’ingrosso di ortofrutta “Chioetto”di Scanzano. Ma le cimici piazzate nell’auto di uno dei due avrebbero tradito il loro silenzio. E’stato condannato a 4 anni e sei mesi di reclusione dal Tribunale di Matera Vincenzo Mitidieri, 48ennepregiudicato di Policoro, imputato di tentata estorsione. Il pm Francesco Basentini della Dda di Potenza aveva chiesto qualcosa in più, ma in dibattimento è caduta
l’aggravante del metodo mafioso. Secondo gli inquirenti Mitidieri, più noto negli ambienti criminali col nomignolo – certamente abusato - di “nano feroce” (lo stesso del boss calabrese Antonino Imerti famoso per lo scontro coi De Stefano: più di 600 morti in meno di 6 anni), aveva messo in piedi una vera e propria “agenzia assicurativa criminale”. Per procacciarsi i “clienti” avrebbe scelto un metodo ampiamente rodato negli ambienti della malavita: prima l’atto intimidatorio all’imprenditore di turno; e pochi giorni dopo la “gentile offerta” di una copertura, di una protezione completa dal terribile orco estorsore. A guidare sulle sue tracce gli agenti della Squadra mobile di Matera diretti da Nicola Fucarino è stata proprio la conversazione di due delle sue ultime vittime, che si erano appartate in auto per parlare del messaggio incendiario appena ricevuto. Speravano – così facendo - di non insospettire i loro collaboratori, che con molta probabilità non sapevano nulla della “polizza”che era stata offerta a entrambi qualche giorno prima. Durante quel colloquio avrebbero descritto chiaramente la richiesta di Mitidieri: 5mila euro di anticipo da pagare subito, più un “vitalizio” da 500 euro al mese. E dato che la società si muoveva in condizioni economiche tutt’altro che rosee, avrebbero persino ironizzato sull’idea di dare a
Mitidieri direttamente le chiavi dei capannoni. In conclusione il loro ragionamento sarebbe
giunto alla presa d’atto che pagare era l’unica maniera di evitare che quel messaggio incendiario si trasformasse in un rogo attorno alla loro ditta. Una volta in possesso della registrazione i magistrati avrebbero pertanto deciso di risentirli, e dopo tutte le rassicurazioni degli agenti del Commissariato di Scanzano, anche a proposito di misure di
protezione per le rispettive famiglie, è arrivata la conferma che ha il “la” all’arresto. Tornando al metodo Mitidieri, dalle indagini sarebbe emerso inoltre che egli stesso per descrivere la minaccia che incombeva sulle sue vittime avrebbe indicato il noto pregiudicato Gerardo Schettino, denominato “u carabnier”, ex militare dell’Arma di Scanzano Jonico. Ma per lui le accuse si sono sgretolate in udienza preliminare dove è stato assolto con il rito abbreviato. «Relativamente soddisfatti» gli avvocati Maria Delfino e
Rocco Mauro, che hanno assistito Mitidieri dal giorno del suo arresto proprio per questa vicenda l’11 gennaio dell’anno scorso. «Abbiamo sostenuto fin dal primo momento che l’aggravante del metodo mafioso non stava in piedi». Ha spiegato l’avvocato Delfino contattata telefonicamente del Quotidiano. Per il resto servirà aspettare il deposito delle motivazioni, poi è molto probabile che il fascicolo si sposterà a Potenza per il giudizio d’appello.

Fonte
il Quotidiano della Basilicata

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