domenica 22 luglio 2012

Equilibri rotti: si rischia lo scontro. Alluvionati prede per gli strozzini


Una condanna a 21 anni di prigione può essere la pietra tombale per qualcuno ma il trampolino di lancio per qualcun altro. E’ il timore degli investigatori della Dia che a proposito del metapontino tratteggiano una scena in rapida evoluzione dove il racket esiste e prende di mira diverse attività commerciali e il crimine organizzato potrebbe approfittare della crisi economica per lanciarsi anche nel lucroso affare del credito a strozzo. «Nell’area jonica del distretto di Matera sono proseguite le azioni intimidatorie ai danni di imprese agricole, a conferma dell’interesse della criminalità organizzata nei riguardi di tale comparto, e in particolare del settore della distribuzione dei prodotti». Quanto ai presunti responsabili le idee sembrano chiare. «Il ricorso al prelievo estorsivo col metodo mafioso - sostiene l’ultima relazione della Dia per il secondo semestre del 2011 - è ascrivibile tanto a cellule criminali autoctone, quanto a singoli esponenti dei clan Scarcia e Mitidieri-Lopatriello, peraltro abituali anche in reati in materia di stupefacenti e traffico di armi». Individuati i soggetti sui quali si concentra l’attenzione degli inquirenti viene il luce anche il sommovimento causato negli ultimi anni dall’azione di repressione delle forze dell’ordine. Una dovuta menzione va così alla decisione della Corte d’appello di Potenza che il 12 luglio 2011 ha
condannato otto elementi del gruppo Scarcia, tra cui il capo clan Salvatore Scarcia, a pene comprese tra 21 anni e tre anni e 15 giorni, per un totale di 67 anni, sei mesi e 15 giorni di reclusione. «Non è dato escludere - concludono gli autori della relazione al Parlamento – che tale pesante condanna possa favorire l’affermazione sul territorio di gruppi antagonisti, sia aggregatisi intorno a soggetti emergenti che preesistenti da tempo, dando vita a dinamiche di scontro». In sostanza gli eterni secondi del clan Mitidieri-Lopatriello potrebbero rivalersi delle pene inflitte agli Scarcia per avanzare pretese sulla loro eredità criminale: estorsioni, ma non solo. Il processo “Revival” risale infatti al 19 gennaio 2006 quando in 32 vennero arrestati, con accuse a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso e spaccio di droga sulla fascia jonica tra Basilicata e Puglia. L’operazione era
cominciata nell’ottobre 2002 avrebbe portato al sequestro di armi, esplosivi, assegni, denaro contante e cocaina. Il nome derivava dal fatto che si trattava
degli stessi personaggi già coinvolti in precedenti operazioni sul territorio (come “Siris” e “Basilischi”), che avrebbero voluto «ribadire» proprio la loro
egemonia delinquenziale nel Metapontino anche in forza di un solido legame con il clan Parisi di Bari, individuato come il centro operativo per l’approvvigionamento continuo di varie partite di cocaina da destinare al mercato lucano. Fallito il “revival”, qualcuno potrebbe quindi credere che sia finalmente arrivato il suo momento. Dunque estorsioni da una parte e traffico di droga dall’altra. Ma la Dia guarda anche oltre e coglie anche il possibile riutilizzo dei proventi delle prime due attività, ossia lo strozzinaggio. «La coerente congiuntura economica, in un territorio peraltro gravemente colpito
dagli eventi alluvionali verificatisi nel marzo 2011 (solo la scorsa settimana è stato stanziato 1 milione di euro dalla Regione ma la stima dei danni è molto superiore, ndr) ha elevato il grado di vulnerabilità finanziaria di individui e imprese offrendo alla criminalità occasioni di profitto derivanti dall’esercizio abusivo del credito e dall’attività usuraria». La Basilicata certo non è indenne al fenomeno come dimostrano le operazioni messe a segno l’anno scorso a Lagonegro e a Potenza. Ed è proprio l’assenza di denunce sul lato materano a destare particolare preoccupazione.

Fonte
Il Quotidiano della Basilicata

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