domenica 3 aprile 2011

Il talento di Giuseppe Giovinazzo all’università di Barcellona




POLICORO – Quella di Giuseppe Giovinazzo è la storia di tanti talenti italiani costretti ad emigrare per trovare soddisfazione nel lavoro. Quello intellettuale che in gergo giornalistico viene chiamato “fuga di cervelli”. Leggi, bandi, progetti Gel (giovani eccellenze lucane) non sono serviti al ragazzo policorese per trattenerlo nella propria città di origine. Così ha dovuto fare le valigie e trasferirsi all’estero, in particolare a Barcellona. Meta ultimamente privilegiata di altri lucani e policoresi. Infatti da anni si è già stabilizzato, con fortuna, un altro ingegnere: il giovane Occhionero. E così ripercorrendo quelle orme Giuseppe Giovinazzo, anch’egli ingegnere, indirizzo elettronico, ha già preso dimestichezza con la nuova realtà spagnola dove ormai si è ben inserito. “Mi sono laureato –racconta- a marzo del 2007 presso l’Università degli studi di Bologna dopo un periodo di 6 mesi nei quali ho realizzato la mia tesi di laurea specialistica presso l’Universitat Politècnica de Catalunya di Barcellona. La scelta di emigrare in Spagna è dovuta fondamentalmente alla voglia di iniziare una nuova vita, oltre all’aspetto sentimentale, non secondario, che mi vede legato ad una ragazza catalana. La realtà spagnola mi ha sempre affascinato non lo nascondo e ho colto l’occasione di realizzare la mia tesi qui in Spagna per poter migliorare il mio curriculum studentesco. Alla fine del mio periodo di studi (!) mi è stato offerto un contratto di lavoro presso il laboratorio di Strumentazione e Bioingegneria dell’Universitat Politècnica, che mi ha permesso di poter realizzare i miei studi dottorali e di crescere ancora di più. In Italia, secondo me, ci sono due ostacoli che fanno sì che molti ragazzi scelgano l’estero per poter diventare ricercatori. Il primo è dovuto al fatto che l’unica maniera per poter continuare negli studi di ricerca è ottenere una borsa di studio, cosa per niente facile giacché il numero di borse di ricerca concesse è molto esiguo e, come spesso succede in Italia, non sempre solo il merito conta per poter andare avanti. Il secondo ostacolo è sicuramente di natura economica. Io vedo infatti il dottorato di ricerca più come un lavoro che come la continuazione degli studi; molte delle persone che fanno un dottorato di ricerca hanno una mente brillante e per questo motivo credo sia semplicemente ridicolo solamente pensare di poter pagare a tali persone gli stipendi proposti in Italia. Con la nuova riforma universitari –continua Giovinazzo- sicuramente siamo davanti ad una svolta epocale dell’università. Se da una parte vedo di buon occhio l’adozione di un codice etico ed il fatto che il nucleo di valutazione d’ateneo sia principalmente esterno per evitare favoritismo e nepotismi, ritengo tuttavia che la nuova riforma universitaria penalizzi in maniera importante i ragazzi che vogliano entrare nelle università per diventare docenti o ricercatori. Infatti la riforma prevede una riduzione importante del numero dei corsi di laurea e delle facoltà ed una conseguente diminuzione del numero di docenti in un prossimo futuro. Inoltre attualmente l’unico risultato del tentativo di porre ordine ai regolamenti d’ateneo è stato il blocco dei bandi di concorso per i ricercatori a tempo determinato. Il futuro sembra inoltre essere ancora meno roseo del presente giacché, da un articolo apparso su “La Repubblica”, si evince che il numero dei ricercatori dovrebbe diminuire in Italia di 2000 unità ogni anno. Se questi numeri saranno confermati non posso quindi che giudicare la riforma universitaria come pessima per quanto riguarda l’aspetto legato ai ricercatori. Per il momento mi trovo bene qui anche se non scarto la possibilità in futuro di tornare in Italia anche perché la nostalgia della mia terra è davvero forte. La cosa più importante per me è però poter offrire un futuro felice alla mia famiglia e per questo, anche se i soldi non sono tutto, credo sia importante, anche per sentirmi realizzato, avere un lavoro che mi piaccia e dove non mi senta solo sfruttato. Se ricevessi una buona proposta di lavoro non ci penserei un secondo e tornerei a casa”. Che differenza c’è tra l’università spagnola e quella italiana? “La prima cosa che cade all’occhio è che in Spagna c’é una maggiore cura della pratica, nel caso di ingegneria, di laboratorio rispetto alla teoria. Credo che è un aspetto che si dovrebbe migliorare in Italia. Un altra differenza importante è l’umanità con cui i professori in Spagna trattano i propri studenti. Si ha sempre la sensazione di avere a che fare con una persona che non si sente superiore a te, quasi un amico che ti dà consigli, e questo fa si che lo stimolo a studiare sia maggiore. Inoltre gli esami in Spagna sono solamente scritti, mentre in Italia la maggior parte delle prove sono anche orali. Gli esami orali rallentano molto il percorso di studi poiché costringono lo studente a ripassare l’esame altre volte dopo della prova scritta. Di contro però in Spagna si paga l’iscrizione ad ogni singolo esame piuttosto che all’anno accademico, cosa che può incrementare in maniera importante la spesa totale per finire il percorso di studi. In alcuni casi, inoltre, è permesso ripetere l’esame solamente un numero limitato di volte, dopodiché si è costretti a cambiare corso di studi”. Nella vita vuoi fare carriera nel mondo accademico o preferisci la libera professione, o lavorare nel mondo dell’impresa? “Il mio sogno è continuare a lavorare nella ricerca, cosa che non necessariamente significa rimanere all’interno dell’università. La possibilità di fare carriera in un centro di ricerca mi attrae molto, giacché in questa maniera non dovrei fare anche docenza. Però devo ammettere che il lavoro all’interno dell’università da molte soddisfazioni. Le mie scelte dipenderanno molto da cosa la vita mi riserverà e senza ombra di dubbio il mio più grande desiderio è poter un giorno svolgere attività di ricerca in Italia, e perché no, il più vicino possibile a casa, ma non so se questo sogno potrà mai realizzarsi”.

Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)

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