POLICORO – La disaffezione verso
la politica ha raggiunto percentuali quasi simili a quelle dei votanti, però
recarsi alle urne ed esercitare il diritto al non voto, che equivale al rifiuto
di uno dei diritti più importanti per i maggiorenni, suona come un vero e
proprio anatema verso la classe politica regionale uscente ed entrante. Così
domenica sera alle 18:00 Gianni Fabbris in rappresentanza del Comitato in
difesa delle Terre Joniche ha messo in atto una protesta formale e sostanziale
che la presidentessa del seggio 11 di Corso Pandosia in Policoro, sede della
scuola primaria Giovanni Paolo II, Sansovini ha dovuto mettere a verbale. Non
si tratta di un’astensione al voto ma di un vero e proprio ripudio ad
esercitarlo perché nessun rappresentante politico del materano lo merita, è
stata la motivazione di Fabbris. Infatti dopo l’alluvione di inizio ottobre
nessun provvedimento a favore degli alluvionati nella fascia jonica è stato
preso dalle istituzioni e dopo la mobilitazione dell’altro giorno, in piena
campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale, ribadisce un
impegno preciso ed imminente delle istituzioni. Fabbris è entrato nel seggio
portando un collare dovuto ad un incidente stradale e non conseguente a nessuna
intemperanza delle sue numerose proteste. Nel seggio c’era una calma piatta,
come quella che ha accompagnato i votanti fino a quell’ora per tutta la
giornata, e ad attenderlo i componenti: sei in tutto. Alla consegna della
scheda Fabbris si è rifiutato di ritirarla adducendo le motivazioni di cui
sopra. Insieme a lui, come ci ha comunicato egli stesso qualche minuto prima di
entrare nel seggio, altre 500 schede circa di agricoltori e componenti del
Comitato avrebbero fatto lo stesso al altri Comuni della regione per dare più
forza alla protesta e non essere nuovamente beffati una seconda volta, come nel
2011. La piattaforma rivendicativa in estrema sintesi prevede la nomina di un
Commissario straordinario neutro non riconducibile né a politici lucani né
pugliesi, lo stanziamento di risorse economiche sia da fondi regionali che
nazionali per il ripristino di opere pubbliche danneggiate dalla calamità e un
risarcimento vero verso quelle famiglie danneggiate dalle piogge torrenziali.
Infine la definizione di un perimetro geografico di quei territori realmente
danneggiati senza includere, come in passato, sempre a parere di Fabbris, paesi
che nulla avevano a che spartire con i danni. Insomma per farla breve occorrono
soldi, di parole se ne sono dette tante. E a dimostrazione dello stato di
abbandono del territorio compreso tra Taranto e la Calabria jonica a piovere
sul bagnato è proprio il caso di dirlo c’è stata l’esondazione del fiume Sinni:
“Abbiamo più volte denunciato in questi anni come questo territorio abbia
bisogno di una forte, energica e pianificata azione di messa in sicurezza dei
bacini fluviali e dalla rete di canali che dovrebbero assicurare la bonifica
del territorio”, conclude Fabbris.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della
Basilicata)
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