Lunedi
8 Luglio 2013, convocati da un appello su Facebook della rete “Un'altra
Basilicata è possibile”, con una serie di movimenti, associazioni di base,
circoli, rappresentanti istituzionali impegnati negli ultimi anni in diverse
iniziative nel sociale, per i diritti, per la difesa dell'ambiente e del
territorio, per il lavoro e contro l'illegalità ci siamo trovati a Potenza in
Via Rosselino 14 nei locali del Circolo
DEAN (di fianco alle scuole elementari). Abbiamo discusso dell'autunno, della
crisi sociale, economica, ambientale e di democrazia in cui siamo ricacciati e
lo faremo legittimati dalle molte buone pratiche in cui siamo impegnati e dalle
tante proposte di alternativa alle scelte di sviluppo e di governo che stanno
condannando la Basilicata ad un destino di impoverimento, di spoliazione, di
degrado sociale di cui siamo portatori. Partiremo da noi, che siamo soggetti
veri in campo tutti i giorni dell'anno e non sigle inventate per una campagna elettorale.
E’ stata una discussione di merito sui progetti e le alternative di governo al
quadro che ci ha portato fin qui ma, anche di metodo, su come si può rispondere
effettivamente alla grande domanda di cambiamento che sale dalla nostra gente.
La discussione è partita da un intervento via streaming di Renato Accorinti
(neoletto sindaco di Messina) e di Luigi Sturniolo (consigliere comunale della
lista di Accorinti). Riparte da Messina, non tanto perchè si abbia bisogno di
modelli esterni ma perchè li una proposta elettorale di cambiamento ha vinto
contro tutto l'establishment e contro un candidato delle grandi intese sostenuto da tutti
(dall'UDC, al PD, a SEL). A noi piace quella vittoria senza guru e senza vip
nazionali e senza urlare contro tutto e tutti
perchè parla del riscatto della partecipazione dei cittadini, della
coerenza, dell'impegno dei movimenti che negli anni hanno condotto una lunga
battaglia contro il ponte sullo stretto e il modello di sviluppo che
presupponeva, quello degli affari mafiosi e per un'altra idea di società di
economia e di territorio. Una vittoria costruita anche per la capacità di stare
con i piedi per terra, di essere credibili nella proposta di governo del
territorio, di aggregare interessi a volte contraddittori ma uniti dall'idea di
cambiamento vero. La Basilicata è così distante da Messina? Le loro battaglie
contro lo stretto, contro le mafie e per un'altra economia del lavoro e
dell'inclusione sono tanto diverse dalle nostre contro le trivelle, per
l'agricoltura sociale, la illegalità e l'usura, la difesa del territorio ed uno
sviluppo centrato sulla valorizzazione dei beni comuni e delle nostre risorse
culturali, turistiche e ambientali? Ma
noi sappiamo di non bastare, non basta mettere insieme i movimenti dell'impegno
sociale. Abbiamo, piuttosto, bisogno di
realizzare le migliori condizioni per realizzare una sorta di Comitato di
Liberazione (si proprio come durante una guerra) che sappia mettere insieme le
migliori energie, professionalità, competenze, interessi leciti intorno
all'idea che un'altra Basilicata non solo è possibile ma assolutamente
necessaria e dobbiamo farlo ora. In una parola una coalizione ampia di
interessi che si proponga come vera alternativa di governo per la Basilicata
interpretando il grande bisogno di cambiamento e di discontinuità e
declinandola con “pulizia”, “onestà”, “competenza”, “tutela e rispetto dei beni
comuni e degli interessi collettivi”, “alternativa di modello di sviluppo”. Servono
dunque tutti ed a nessuno è consentita la scorciatoia di puntare a farsi la
propria lista autoreferente o il proprio progetto personale: dovremo tutti
saper fare un passo indietro e saper costruire l'unità delle forze per il
cambiamento. Soprattutto serve coinvolgere
perchè assumano direttamente la responsabilità delle scelte e si
includano, gli uomini e le donne, i
giovani lucani che hanno provato a fare
impresa in questi anni, che hanno cercato lavoro, che hanno candidato progetti,
che hanno chiesto risposte per i servizi, che hanno tentato di lavorare o di
amministrare con onestà e professionalità
si sono trovati di fronte sempre allo stesso quadro di una Regione
impoverita, di una macchina amministrativa inefficiente, di una classe
dirigente e politica sempre più incapace di governare e garantire il futuro. Se
c'è una responsabilità tanto grave da non essere in alcun modo giustificabile e
riparabile che ha la classe dirigente di questo Centrosinistra lucano (ma anche
la sua sedicente opposizione; opposizione a cosa se l'idea di società, di
sviluppo e di gestione del potere è
praticamente sovrapponibile?) questa va cercata nella subalternità totale
all'ideologia del modello economico e sociale globale che ha imposto la crisi
ed all'incapacità di opporvi soluzioni che mettessero a valore le specificità
di questa Regione. Di più: lo sfascio della Basilicata di fronte all'impatto
devastante della grande trasformazione di questo ultimo quarto di secolo,
quello della globalizzazione dei mercati, della finanziarizzazione
dell'economia, dello svuotamento delle funzioni produttive e del lavoro, sta
soprattutto nell'incapacità delle sue classi dirigenti di averlo compreso per
tempo e di aver saputo se non offrire
soluzioni alternative almeno capaci di mitigarne gli effetti puntando davvero
sulle nostre straordinarie risorse umane, ambientali, produttive, naturali e
culturali e sulla loro capacità di produrre cicli economici e sociali positivi.
È accaduto, al contrario, che la classe dirigente che ha gestito il potere in
questa Regione (quindi non solo dei partiti di Governo ma anche di buona parte
delle istituzioni pubbliche e private e dei sindacati) sia passata
dall'invocare come ubriachi l'arrivo della globalizzazione promettendo
meravigliose opportunità per tutti mentre gestiva ogni piccola opportunità di corto
interesse privato, all'ideologia della pacca sulla spalla e dello scarica
barile quando impotente doveva registrare la crisi e le mancate risposte su cui
aveva scommesso acriticamente, fino ad arrivare a giustificare qualsiasi
svendita del nostro patrimonio e delle nostre risorse in nome della necessità
superiore di “salvare la baracca”. Certo, è vero che le scelte di modello nel
tempo della globalizzazione si compiono in luoghi distanti dalle comunità e dai
territori su cui finiranno per incidere, che le assemblee elettive sono
svuotate di ruoli e funzioni e che gli esecutivi sono chiamati a fare il
guardiano al bidone vuoto ma, paradossalmente proprio per questo, la qualità
dei gruppi dirigenti, la loro capacità critica e di analisi, insieme a quella di
prevedere per tempo gli effetti delle trasformazioni, di indicare strategie per
il futuro ed obiettivi originali, di dirigere i processi ed alla loro autorevolezza politica e morale
sono il miglior antidoto che una comunità possa opporre alla crisi. Oggi, nella Basilicata costretta alle elezioni
anticipate, finalmente la crisi politica e istituzionale deflagra trascinando i
gruppi di potere in una miseranda rappresentazione della loro povertà umana e
mostrando tutta la inconsistenza politica apparentemente sugli scontrini
falsificati e su piccole responsabilità di sottogoverno ma, in realtà per
l'incapacità di indicare vere soluzioni che è l'altra faccia dell'arroganza e
della presunzione di impunità con cui ha gestito i privilegi per se e per i
propri famigliari. La discussione sull'autunno in Basilicata dovrebbe partire
da qui, da quale è, se non il progetto compiuto, almeno la direzione da
imboccare con decisione per uscire dalla crisi sociale, economica, ambientale e
di democrazia e, conseguentemente, su come una nuova classe dirigente capace di
interpretare le scelte conseguenti ricambi quella che ha governato nell'ultimo
quarto di secolo non solo perchè è alternativa nei modi di gestione del potere
e nella sua qualità morale, politica e tecnica ma, anche, perché è capace di
dare quelle risposte che chi è stato responsabile dello sfascio non potrà dare,
perchè ha delle idee ed è capace di realizzarle. Abbiamo bisogno di ripartire
da qui anche per evitare il grande rischio di trasformismo che si nasconde in
una fase di questo tipo, magari con le pratiche di cambiare nome ad un partito
o di “passare il giro” candidando
qualcun altro dal volto più pulito a tenere il posto per tempi migliori.
Tanti modi di giocare allo stesso gioco: lasciare tutto com'è, facendo passare
la nottata e continuando a manovrare senza assumersi responsabilità di
rispondere agli uomini ed alle donne di Basilicata ed al loro grande bisogno di
cambiamento.
Proviamoci!
Gianni
Fabbris
Gianni
Fabbris – Un'altra Basilicata è possibile
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