POLICORO – “La sanità dell’occhio del ciclone”. È proprio il caso di dirlo. Questa volta non è retorica per creare sensazionismo ma realtà. Una visita al campo visivo di un pensionato di Policoro, E.S., gli costa caro. Sia in termini economici che di tempo. E siamo alle solite. Il medico di base gli prescrive una visita al locale ospedale “Giovanni Paolo II” e gli viene detto pressappoco così: non è possibile. Non per colpa delle liste d’attesa, non perché non ci sarebbe l’ambulatorio, ma perché manca il personale tecnico per questo genere di visita. Così il capitolo della cattiva sanità si arricchisce di una nuova pagina. Il 22 ottobre doveva essere la data della visita e invece non è stato possibile effettuarla, almeno nel fu terzo polo sanitario lucano. Gli è stato riferito dal personale sanitario di recarsi a Matera. Ma se non vede bene come può guidare? Ci sono i mezzi pubblici. Chi si sobbarca 3 ore di autobus per recarsi nella città dei Sassi per una visita così semplice? E il prezzo del biglietto chi glielo rimborsa? Se non si riesce nemmeno a garantire una visita del genere perché manca il preposto come si può parlare di diritto alla salute?! Il solerte dipendente dell’Asm di Policoro gli avrebbe detto: perché non và da un privato. E’ la scoperta dell’acqua calda. Se avesse le risorse economiche sarebbe andato di corsa visto che i suoi precedenti con il nosocomio di Policoro non sono certo buoni. Infatti una parente dopo una visita agli occhi sta peggio di prima ed ha dovuto girare in lungo e largo mezza Italia per il delicato intervento chirurgico. L’errore è umano, però l’inefficienza di un servizio è viziato da dolo. Se manca il personale perché rivolgersi ad un altro ospedale lontano 75 chilometri che fanno 150 tra andata e ritorno? Non si potrebbe pensare una o due volte la settimana di ricevere i pazienti nell’ospedale comprensoriale anziché dirottarli a Matera? E perché per la mancata erogazione di una prestazione sanitaria bisogna essere costretti ad andare da un privato? A che serve il pubblico se non dà nemmeno i servizi essenziali. Qualora qualcuno osasse parlare di privatizzazione della sanità, come un Usa, tutti sarebbero pronti a scendere in piazza a rivendicare il diritto alla salute di cui all’articolo 32 della Costrizione, in primis gli addetti ai lavori. Ma la sanità di fatto è già privatizzata con medici pronti ad arrotondare i loro già lauti, e giusti, stipendi pubblici con quelli altrettanto lauti, sbagliati, emolumenti dei privati cittadini. Per una visita cardiologia spesso si aspettano mesi, nel pubblico, e c’è chi non arriva nemmeno al giorno fatidico per il decesso naturale. A questo punto a che serve mantenere in piedi servizi parassitari?
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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