POLICORO - «Se il Pronto soccorso di un ospedale
per acuti deve funzionare così, sarebbe meglio chiuderlo all'istante». E' lo
sfogo di Roberta Ianniello, giovane mamma di
Potenza, che sabato 14 ha vissuto ore di ansia ed
apprensione per quello che definisce «un inaccettabile ritardo» nel prestare le
cure dovute al suo bambino di appena 20 mesi, ricoverato all'ospedale “Giovanni
Paolo II” di Policoro con la febbre a 40. «Sono arrivata in Pronto soccorso
alle 18 -racconta la mamma- mi hanno lasciato in sala d'attesa con il bimbo in evidente
stato di sofferenza per almeno un'ora e mezza, senza neppure procedere a registrare
il piccolo paziente, acquisendo la relativa documentazione sanitaria. Poi, intorno
alle 19.30, mi hanno chiamato ma solo per la compilazione della cartella
clinica. Ho dovuto attendere un'altra mezz'ora per vedere finalmente la
pediatra, che ha visitato il bimbo diagnosticando un colpo di calore. Infine,
dulcis in fundo, si era smarrita la cartella clinica, che è stata ritrovata
intorno alle 22, quando finalmente sono uscita da un'esperienza da dimenticare.
Tanto che la dottoressa mi aveva indicato la necessità di un ricovero, ma ho
preferito evitare per portare mio figlio in una struttura più affidabile». Una
situazione inaccettabile per un sistema sanitario che si rispetti, «certo
-conclude la mamma rincarando la dose anche perché con me ad attendere c'era
un'altra mamma con il bambino affetto da otite; in ospedale le hanno detto che
non c'è un otorino,
per cui le hanno consigliato di rivolgersi in una
struttura privata (di sabato sera praticamente chiusa), oppure in un altro
ospedale, ma il più vicino è a Matera». Nelle scorse settimane, il Quotidiano
si era occupato già della disastrosa situazione al Pronto soccorso jonico,
raccogliendo la denuncia di un'infermiera sindacalista, che aveva elogiato la
dotazione della struttura, criticando aspramente la cronica carenza di personale
medico e paramedico. Come avere una Ferrari, dicemmo in quell'occasione, senza
il numero sufficiente e qualificato di conducenti. Chi lavora alla
razionalizzazione della sanità regionale, non può ignorare casi come quello di
Roberta Ianniello e del suo bambino.
Fonte
Il
Quotidiano della Basilicata
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