POLICORO – Nel 2011 la Guardia di finanza condusse un’indagine giudiziaria su un possibile appalto, relativo all’illuminazione Led, che, secondo gli inquirenti, doveva essere pilotato. Tante le persone coinvolte: amministratori comunali dell’epoca, dirigenti, imprenditori, ex amministratori. A sei anni di distanza nelle scorse settimane si è concluso il processo di primo grado che ha visto assolto, articolo 530 secondo comma del codice penale, in buona sostanza perché il fatto non sussiste, Felice D’Amato all’epoca dei fatti dipendente di un’impresa turistica. Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi, a bocce ferme, per capire il suo stato d’animo dopo questo calvario giudiziario.
Come si
sente?
Provo sentimento di gioia sotto l’aspetto umano
perché in una città dove tutti ci conosciamo e, a maggior ragione, quando si ha
moglie e figli uscire puliti da un’inchiesta penale per me è motivo di
sollievo. E per questo sento il dovere di ringraziare i miei avvocati: Buccico
padre e figlia. Nello stesso tempo però sono rammaricato per i tempi d’attesa.
Sei anni, per un primo grado, sono da Paese poco civile.
Lei è
stato amministratore della città di Policoro dal 1997 al 2008 in qualità di
assessore e dal 2006 al 2008 come consigliere di minoranza. Che io ricordi non
è mai finito nelle maglie della giustizia, ci è entrato però da privato. Un
paradosso in un momento storico in cui i politici sono spesso nel mirino degli
inquirenti?
Per me è il secondo motivo di rammarico. Credo
di aver servito lo Stato per nove anni e per alcuni aspetti l’ho fatto anche
dopo, non criticando nessuno e aspettando in silenzio che la giustizia facesse il
suo corso. Il tempo mi ha dato ragione. Non possono contestarmi nulla: né prima
né dopo.
Lei
conosce alcuni di coloro i quali sono finiti nell’inchiesta anche sotto il
profilo umano. In tutta sincerità li ritiene colpevoli?
Ovviamente mi soffermo su come li conosco
personalmente. Come ho servito io lo Stato lo hanno fatto anche altri, e di
questo ne sono certo. Così come sono certo che il lavoro svolto in tanti anni
non può essere messo in discussione da un’intercettazione. Per esempio ricordo
di un alto dirigente che prima di ogni Giunta diceva sempre che le cose si
possono fare quando è prevista la discrezionalità politica, ovvero dentro i
confini della legge. Negli atti amministrativi vincolanti non si toccano
nemmeno le virgole.
L’inchiesta
giudiziaria è partita da intercettazioni. Le ritiene utili come strumento di
indagine?
In Italia negli ultimi anni sono state
utilizzate come una rete a strascico coinvolgendo tutti coloro i quali sono
stati tirati in ballo anche indirettamente dagli interlocutori pur di
giustificare un teorema. Di conseguenza usate in questo modo sono sbagliate
perché si vìola la libertà di pensiero delle persone, diritto inviolabile di
ciascuno di noi, nel senso che bisogna misurare le parole col bilancino e
questo lo ritengo sbagliato per il semplice motivo che quando si parla anche a
quattr’occhi si usano metafore ed espressioni colorite. Invece andando sempre
alla ricerca di un capro espiatorio 50
milioni di italiani ogni giorno potrebbero trovarsi le forze dell’ordine in
casa alle 04:00 del mattino. L’intercettazione può essere utile per seguire una
traccia, analizzandone il contesto già nella fase preliminare per poi decidere
se archiviare o rinviare a giudizio. Se poi si è zelanti bisognerebbe andare
alla ricerca della prova. Ma questo in Italia è un discorso prematuro;
naturalmente il mio è un ragionamento generale. Invece si è scelta la comoda
strada del grande circo mediatico dove conviene apparire non capendo che il
conflitto tra poteri dello Stato, esecutivo da un lato e giudiziario
dall’altro, danneggia tutti generando disamore verso le istituzioni. Oggi non
c’è la presunzione di innocenza, ma bisogna dimostrare la non colpevolezza e
l’obbligatorietà dell’azione penale vale solo per i reati contro la Pa. E il
resto?
Come se ne
esce da questo corto circuito?
La politica deve riappropriarsi delle proprie
prerogative e non essere subalterna della giustizia. Faccio un esempio. Si
parla di riforma della giustizia dal 1994: sono passati 22 anni e siamo ancora
all’anno zero. Un politico che finisce sotto inchiesta spesso si dimette e
comunque alle elezioni successive viene penalizzato, però poi se viene assolto
chi lo riabilita nel ruolo istituzionale precedente? Se invece un magistrato
sbaglia, ed è umano, capita che entra in politica e viene anche eletto. Ecco
trovare un meccanismo che non renda un magistrato onnipotente, anche più di un
presidente del Consiglio, sia una prerogativa della politica.
Tra un
anno si rinnova il Consiglio comunale di Policoro. Cosa farà?
Si può fare politica in tanti modi non
necessariamente candidandosi. Certo in questa fase della mia vita, e la passata
vicenda giudiziaria in questa scelta ha contato poco, conservo la passione per
la politica intesa come soluzione dei problemi: la vera essenza di una della
materie più belle e difficili al mondo.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano del Sud)
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