POTENZA - L’avvocato Nicola Cataldo ne è convinto: «Il gruppo di Scanzano (Luigi e Giuseppe De Padova più Abele Vincenzo Casulli, ndr) non ha niente a che vedere con quest’associazione a delinquere di cui parlano le sentenze, e riusciremo a dimostrarlo in Cassazione». Intanto ieri pomeriggio la Corte d’appello di Potenza ha confermato le condanne per gli 8 già colpiti dalla scure dei giudici di primo grado. Regge l’accusa di associazione armata per Salvatore Scarcia, dedita allo spaccio di stupefacenti sull’intero litorale Jonico, e la pena si ferma a 21 anni di reclusione contro i 24 stabiliti a ottobre del 2009. Martedì 12 luglio la sentenza che ha condannato otto persone (con pene comprese tra 21 anni e tre anni e 15 giorni) per un totale di 67 anni, sei mesi e 15 giorni di reclusione. Il processo “Revival” risale al 19 gennaio 2006: erano 32 gli arrestati, accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata allo spaccio della droga sulla fascia jonica tra Basilicata e Puglia. L’operazione era cominciata nell’ottobre 2002: furono recuperati anche armi, esplosivi, assegni, denaro contante e cocaina. “Revival” perchè si trattava di fatti criminali riconducibili a personaggi coinvolti in precedenti operazioni sul territorio (come “Siris” e “Basilischi”) , il cui proposito, secondo gli inquirenti, era quello di «ribadire» l’egemonia delinquenziale nel Metapontino. Particolarmente rilevante sarebbe stato, secondo quanto sostenuto dall’accusa, il legame con il clan Parisi di Bari, individuato quale centro operativo per l’approvvigionamento continuo di varie partite di cocaina da destinare al mercato lucano. Scarcia, nel corso del processo, si è affidato a un memoriale per evidenziare la propria estraneità ai fatti contestati, spiegando di non aver mai avuto rapporti con il clan pugliese. Ma i giudici di appello, pur diminuendo la pena, hanno confermato la condanna.
Fonte
Il Quotidiano della Basilicata
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