Si torna a parlare 90.000 metri cubi di scorie
nucleare da ubicare in un sito unico nazionale, di cui una parte considerevole
di scorie nucleari dovrebbe rientrare in Italia dopo il riprocessamento del
combustibile esausto dalla Francia, dall’Inghilterra e dalla Svezia. Il rientro
del combustibile lavorato all’estero (si riprocessa il vecchio ottenendo un
poco di combustibile riutilizzabile per usi pacifici/bellici e rifiuti di
lavorazione in modo esponenziale) è stabilito da contratto. Si paga la
lavorazione (non sappiamo che fine fa il combustibile ricavato) e i rifiuti e/o
le scorie nucleari vetrificate tornano ai legittimi proprietari. Tutti ora si
pongono il problema di dove rimpatriare queste scorie e ubicare il sito unico
nazionale con un centro ricerche, anche i siti da dove è partito il
combustibile da riprocessare (ad esempio Caorso). Occorrerà del tempo per
realizzarlo, minimo 4 anni e la roulette russa nucleare torna a girare sulla
penisola Italiana. Ai primi di novembre 2013 la Regione Emilia-Romagna ha
approvato una risoluzione presentata dalla Lega che dice «no» all’installazione
del deposito a Caorso, il sito della centrale (e del reattore noto come
«Arturo») spenta nel 1987. I programmi prevedono il rientro del materiale
radioattivo da Sellafield (Inghilterra) a partire dal 2019, e dalla Francia (La
Hague) dal 2020 al 2025. Un chiaro e opportunistico comportamento, quello della
Lega dell’Emilia Romagna, di chi era possessore di questi rifiuti e che ora
vuole inviarle in altri siti o in altre regioni. Se la legge internazionale è
valida per le scorie italiane all’estero, dovrebbe essere la stessa cosa per
quelle estere in Italia. Ci riferiamo alle 84 barre di Elk River che sono
giunte in Italia ai primi degli anni 70 con un contratto di lavorazione (simile
a quello di Caorso).Di cui 20 riprocessate nell'Itrec che hanno prodotto 3 mc
di liquidi ad alta attività e che dovranno essere cementati (al posto della
tecnica della vetrificazione) e che produrranno 480 mc di rifiuti solidi ,
più altri rifiuti nucleari di scarto di lavorazione già stoccati nei
capannoni dell’Itrec e altre 64 barre di combustibile di U.th custodite sempre
nelle piscine dell’Itrec. Il problema quindi non dovrebbe minimante interessare
la Basilicata o le regioni limitrofe, che devono invece restituire ai legittimi
proprietari Usa le 64 barre di Elk River e i rifiuti prodotti dal
riprocessamento delle 20 barre lavorate, senza bisogno alcuno di accettare
rifiuti nucleari provenienti da altri siti. Ma questa si sa è una questione
politica, e non avendo avuto sino a questo momento rappresentati politici
lucani o meridionali capaci di farsi rispettare o meglio di tutelare il
territorio, ogni circa 20 anni i nuclearisti tornano in Basilicata a propinarci
il deposito nazionale (1978 Craco, 2003 Scanzano J). Dobbiamo subire come per
le estrazioni petrolifere (vedasi il caso Golfo di Venezia/Golfo di Taranto
,con la mancata applicazione del principio di precauzione per i nostri mari
rispetto a quello Veneto da parte del Ministro Zanonato) la presunzione
politica e territoriale dei politici di altre regioni (che giustamente pensano
al loro orto).La neo eletta amministrazione della regione Basilicata con il suo
presidente Pittella faccia tesoro degli errori del passato e della scarsa
considerazione (o incapacità) che hanno i politici lucani nel contesto politico
Italiano. I lucani e i meridionali dal canto loro sono stanchi di subire anche
queste vessazioni politiche e non accetteranno alcuno sfruttamento
indiscriminato del territorio e continueranno a mobilitarsi come per Scanzano
Jonico nel 2003.
No Scorie Trisaia
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