venerdì 27 maggio 2011
La morte di Giuseppe Passarelli ancora avvolta nel mistero
POLICORO – La recente manifestazione regionale di “Libera” ha riportato d’attualità le morti sospette lucane. Ma nel centro jonico una di queste è rimasta nel dimenticatoio e lontana dalla luce dei riflettori delle cronache. E a ricordarla indirettamente c’è stato fino a qualche settimana fa il necrologio affisso in città dove i parenti ricordano che nessuno potrà mai restituire loro la giovane vita del figlio, ma la giustizia sì, almeno questa è la loro speranza. Quattordici anni di silenzi accompagna il decesso di Giuseppe Passarelli, la cui morte è ancora avvolta nel mistero proprio come quella dei fidanzatini Luca e Marirosa ancora tutta da decifrare. Passarelli era un giovane animato da sani principi morali che come sogno aveva quello di fare il carabiniere. E c’era riuscito entrando nell’Arma come ausiliario. Dopo il periodo di addestramento era stato spedito per la sua prima esperienza lavorativa a Cassano sullo Jonio (città calabrese tristemente conosciuta a Policoro perché resiede Antonio Francese, sotto inchiesta per la morte di Francesco Mitidieri avvenuta nel 2005 sempre a Policoro). Da pochi giorni arrivato non ha fatto nemmeno in tempo a conoscere l’ambiente che il 24 marzo del 1997 decedeva nell’ospedale di Cosenza, dopo un primo ricovero in quello di Castrovillari. Per ben tre volte la magistratura di Castrovillari ha archiviato l’inchiesta come suicidio. Tesi che non ha convinto del tutto i familiari che gridano giustizia e vogliono la verità su un ragazzo che non avrebbe mai commesso un atto del genere dopo che si era avverato un sogno per lui. E poi ci sono alcuni lati oscuri tutti da chiarire: la pistola non era a contatto con la tempia, come da rilievi del perito della procura, ma stava a diversi centimetri di distanza; gli esami della perizia stub hanno dato esito negativo per Giuseppe, nel senso che non sono state rilevate tracce sulla mano di polvere da sparo; la giacca della divisa si presentava sporca di sangue solo all’interno. E poi ancora l’ordine di servizio ricevuto il giorno prima dal comandante quando aveva già programmato di tornare a Policoro la domenica delle palme per una licenza, avendo già avvisato la madre. Ebbene quel giorno Giovanni venne trattenuto in caserma senza un perché, e oltretutto senza fare nulla forse perché lo volevano punire per qualcosa che aveva visto o sentito? E poi il giorno successivo il maresciallo di turno, che faceva le veci del comandante, gli intima di andare in archivio a prendere un fascicolo. Giuseppe non lo trova e ritorna al piano di sopra. Il maresciallo gli dice di non perdersi d’animo e di guardare meglio tra i faldoni di pregiudicati e cittadini che avevano avuto a che fare con la caserma di Cassano. Lontani da occhi indiscreti mentre Giuseppe rovistava tra gli armadi dello scantinato semibuio, parte un colpo di pistola fatale per il militare. A nulla servono gli aiuti sanitari e quando arriva nel vicino ospedale è troppo tardi. Da allora i familiari a più riprese chiedono la verità. Quella ufficiale non viene giudicata attendibile dai familiari anche per il “conflitto di interessi” esistente tra quella caserma dei Carabinieri e la procura di Castrovillari, competente per territorio, che avrebbe omesso alcuni dettagli fondamentali. E l’archiviazione del caso non è suffragata da validi motivazioni, anzi si presenta lacunosa per i motivi suddetti. E’ possibile supporre che Giuseppe si sia trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato vedendo nella piccola caserma un giro poco pulito che potrebbe avergli decretato una fine insperata.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della Basilicata)
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