POLICORO - A sette anni
dalla sua abolizione, scaturita da un'autentica battaglia popolare, il
famigerato tributo 660 del Consorzio di bonifica di Bradano e Metaponto,
continua a perseguitare i cittadini della fascia jonica. Si tratta di un
balzello applicato legittimamente alle abitazioni rurali, per consentire al
Consorzio di finanziare le opere di bonifica e salvaguardia degli equilibri
idrogeologici nelle campagne e sui canali di competenza. Un tributo diventato
giocoforza illegittimo, quando molte di queste abitazioni su tutta la fascia
jonica sono state praticamente inglobate nel tessuto urbano, perdendo la loro
natura rurale-contadina. L'ottusità della norma non ha contemplato questo mutamento
geopolitico, iniziato già sul finire degli anni Settanta, continuando ad
imporre un pagamento di fatto divenuto illegittimo. Molti cittadini hanno
comunque pagato per oltre vent'anni, tra mille difficoltà, fino alla battaglia
ingaggiata da un comitato civico, il Mab, che nel novembre 2006 ha vinto,
complice una Regione sonnolenta, ma alla fine partecipe. Sta di fatto che il
Consorzio di bonifica, oberato da oltre 13 milioni di debiti, continua a
pretendere il pagamento di quest'obolo almeno fino al 2006 e perseguita,
tramite il braccio operativo di Equitalia a cui ha ceduto il credito, i poveri
cittadini, che hanno qualche vuoto nei pagamenti passati. Ciò accade, si badi
bene, senza effettuare neppure l'ordinaria manutenzione sui canali, che
dovrebbe essere stata finanziata da 50 anni di pagamenti. Al danno si aggiunge
la beffa, ovvero il disservizio. Ma in mezzo a tanti casi di “incolpevoli
inadempienti”, c'è anche chi come Domenico Merlino, imprenditore edile 76enne
di Policoro, oggi sarebbe costretto a pagare oltre 100mila euro tra presunti
tributi inevasi (ma non addebitabili a lui) ed altri crediti accessori. Merlino
ha subìto anche alcuni pignoramenti, cercando di difendersi dalla morsa di
Equitalia, finora senza alcun risultato apprezzabile.
Nel frattempo il Consorzio
di bonifica fa Ponzio Pilato e scarica sull'ente riscossore. La storia
paradossale di Merlino inizia negli anni Ottanta, quando da costruttore
realizza 40 immobili lungo via Brennero (angolo via Monterosa)
a Policoro. Quell'area, già
all'epoca, era classificata come urbana, quindi non più soggetta al tributo 660.
Tutti gli edifici sono stati realizzati con licenza a nome di Merlino, pur se
costruiti dalla società “Jonica costruzioni Srl”, di cui lui era socio. Nel
1989 la società è fallita, Merlino ne era uscito già nel '88. E' subentrata la
“Jolly service” di Napoli, che ha acquistato tutto il lotto con la formula del
“concordato preventivo”, un affare da parecchi miliardi di vecchi lire. La
beffa è che ancora oggi il Consorzio di bonifica continua a chiedere a
Merlino 30mila euro di
contributo non pagato per gli anni dal 1990 al 2006, quando è stato abolito. L'ulteriore
beffa è che, nell'elenco dei beni assoggettati al 660, ci sono anche immobili
intestati alla moglie di Merlino, che ha già pagato ma viene comunque invitata
a pagare ancora. Ma com'è possibile pretendere da un imprenditore che non fa
più parte di una società dal 1988 un tributo illegittimo già dal 1982? Non
dovrebbe essere la Jolly service, che ha rilevato il lotto nel 1989 a pagare
gli oneri del 660 fino al 2006? La questione sembra così semplice, ma di fatto
il cittadino di Policoro è rimasto intrappolato in una spirale a cui si sono
aggiunti anche gli oneri della vecchia Ici, facendo lievitare il debito di
Merlino, oggi in pensione, alla cifra esorbitante di ben 100mila euro. «Non
potrò mai pagare una cifra del genere -spiega l'ex imprenditore padre di due
figli ancora in cerca di occupazione- tanto più perché mi vengono addebitate
cifre illegittime, ma nonostante ciò già pagate da me, come dimostrano delle
regolari ricevute, sulla base delle quali qualcosa mi è stata già scorporata.
In particolare, ho pagato le cartelle fino al 1995, pur non essendo tenuto a
farlo dal 1988; nel 1993 era già subentrata la Jolly service, come conferma
l'atto notarile in mio possesso. Intanto il Consorzio mi restituisce le mie
comunicazioni, pur essendo in possesso di mie formali comunicazioni in base
alle quali dal 1987 quegli immobili non dovevano più essere accatastati a nome
mio, ma a Jonica costruzioni». Eppure, ancora il 15 maggio del 2002, il
Consorzio scriveva alla “Spett.le ditta Morlino Domenico – Via Brennero 999”,
che non è mai esistita, ribadendo il mancato pagamento della cartella di un
immobile, in assenza di ricorso. La beffa continua, e come Merlino ci sono tanti
cittadini vittime di questo paradosso.
Fonte
Il Quotidiano della Basilicata
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