La Corte costituzionale martedì ha approvato uno dei sei referendum “anti-trivelle” chiesti da dieci Regioni. Ecco dieci domande e dieci risposte per capire meglio il tema in discussione.
1 - Che
cosa ci chiederà il referendum?
Il
quesito referendario sopravvissuto (dei 6 originari) è debolissimo nei
contenuti ma forte nella valenza politica-emotiva. In sostanza ci verrà
chiesto: volete voi che, quando scadranno le concessioni nelle acque
territoriali italiane, quei giacimenti vengano fermati anche se sotto c'è
ancora gas o petrolio?
2 -
Quando voteremo?
Non è ancora deciso. Il Governo vuole evitare
sovrapposizioni elettorali, per evitare distorsioni a un voto già fortemente
caratterizzato da emotività. Per questo motivo le opposizioni premono molto per
i referendum: per aumentare le difficoltà di consenso del Governo. Le due
soluzioni per ora individuate sono entrambe ad alto rischio. In primavera sono
in programma elezioni amministrative, nelle quali la facile presa emotiva del
tema delle perforazioni può diventare un campo di battaglia elettorale senza
esclusione di colpi bassi. In autunno c’è la coincidenza con il referendum
costituzionale, che è quasi un plebiscito per confermare o negare
l’apprezzamento dei cittadini nei confronti del Governo Renzi. Entrambe le
coincidenze disturbano il Governo; forse la meno temuta è la prima, cioè le
amministrative.
3 - Quali effetti diretti può avere il “sì” al
referendum?
Se passerà il “sì”, quando scadranno le
concessioni verranno bloccati diversi investimenti fra i quali spiccano tre
grandi giacimenti già attivi per i quali sono allo studio i potenziamenti. Si
tratta del giacimento Guendalina (Eni) nel Medio Adriatico, del giacimento Gospo
(Edison) davanti all'Abruzzo e del giacimento Vega (Edison) al largo di Ragusa.
Alcune vecchie piattaforme – nei mari italiani ci sono 106 istallazioni per
estrarre metano o petrolio - ormai hanno esaurito gran parte delle risorse che
erano disponibili quando furono realizzate decenni fa, ma i giacimenti sono
ancora assai grandi. Non ci saranno invece effetti sui grandi giacimenti oltre
le 12 miglia dalla costa (cioè in acque internazionali di competenza economica
italiana), dove si prospettano riserve dalle dimensioni impressionanti.
4 - Quali effetti diretti può avere il “no” al
referendum?
Se passerà il “no”, quando scadranno le
concessioni le compagnie petrolifere potranno chiedere un prolungamento
dell’attività e, ottenute le autorizzazioni in base alla Valutazione di impatto
ambientale, potranno investire in rinnovamento degli impianti, aggiornare le
tecnologie produttive e di sicurezza ambientale, e aumentare
la produzione di metano o petrolio fino all’esaurimento completo del giacimento.
5 - Quali effetti positivi da un “sì” al
referendum?
Una vittoria dei “sì” potrebbe allontanare il
rischio di incidenti rilevanti nei mari italiani, già inquinati dai depuratori
rotti dall'Abruzzo in giù. Il rischio di incidenti nelle 106 piattaforme
presenti da decenni nei mari italiani è remoto ma esiste e può avere effetti
terribili.
6 - Quali effetti negativi da un “sì” al
referendum?
Una vittoria dei “sì” potrebbe produrre ricadute
negative su un “made in Italy” avanzatissimo e altamente tecnologico nel mondo:
il polo di Ravenna, con decine di imprese italiane e migliaia di persone, è
leader nel mondo nelle perforazioni sia per tecnologia sia per qualità
ambientale. Oltre a quelle che hanno già chiuso, lasciando senza lavoro
centinaia di persone, il nuovo stop potrebbe far perdere all’Italia questa
leadership di qualità e di tecnologia.
7 - Quali altri effetti indiretti avrebbe il
referendum?
Secondo l’esito del voto, potranno esserci
effetti sulle royalty
per le Regioni, sull’andamento delle importazioni di petrolio (il
blocco dei giacimenti nazionali aumenta l’import), sul traffico di petroliere
(il blocco dei giacimenti nazionali aumenta il ricorso a petroliere nei nostri
mari da Paesi lontani), sull’aumento delle emissioni.
8 - Quali le posizioni politiche?
Gran parte dei politici (anche quelli che in cuor
loro non sono contrari all’uso dei giacimenti nazionali) hanno fiutato il vento
e per non perdere il consenso cavalcano le posizioni conservatrici.
9 - Il referendum salverà le isole Tremiti?
Il referendum (che riguarda solamente la durata
delle attività petrolifere già in corso in acque territoriali) non tocca in
alcun modo i progetti di studio geologico del sottosuolo dei fondali al largo
delle isole Tremiti, di fronte a Puglia e Molise, dove non ci sono (né vi
saranno a lungo) attività di studio geologico.
10 - Le isole Tremiti sono a rischio?
Non sono previste ricerche petrolifere in
Adriatico. L’unico evento accaduto è che una compagnia petrolifera irlandese,
la Petroceltic, ha ottenuto il permesso di poter cercare in futuro eventuali
giacimenti in acque
internazionali oltre le 12 miglia (22 chilometri) dalla costa molisana e dalle
isole Tremiti. Per ottenere il permesso ha dovuto pagare un diritto di
cancelleria (basato sull’estensione dell’area interessata) di circa 2mila euro.
Prima di poter fare le prospezioni sotto i fondali la compagnia dovrà avviare
una procedura pubblica complessa e assai lunga che prevede una Valutazione di
impatto ambientale e una nuova autorizzazione. Finché
il greggio ha un valore così poco appetitoso, nessuna compagnia – né la
Petroceltic né altri - affronterà nei mari italiani né l’investimento cospicuo
della ricerca né i tempi lunghissimi della procedura.
Fonte
Il sole 24 ore
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