lunedì 6 maggio 2013

No Scorie Trisaia: “I miraggi del petrolio lucano”


“Nonostante il petrolio e la sua propaganda collegata, che in Basilicata ci sia un fallimento delle politiche regionali di sviluppo è alquanto conclamato. Siamo, infatti, diventati la regione più povera d’Italia (ISTAT 2011), una regione in spopolamento e ai primi posti per disoccupazione giovanile, con le economie locali legate allo sviluppo agricolo e agroalimentare (vero volano dell’economia lucana) abbandonate alla forza degli imprenditori locali, mentre il territorio è stato svenduto alle lobby del petrolio e dei rifiuti. In questa politica regionale fallimentare, le tre sigle lucane dei sindacati di Cisl, Uil e Cgil, non hanno niente di meglio da fare che organizzare le celebrazioni del primo maggio a Corleto Perticara. In un territorio di proprietà lucana, ma consegnato alle compagnie petrolifere internazionali in cambio di un piatto di lenticchie e di un'occupazione che, come dimostra la storia già quasi ventennale della Val d'Agri, è un puro miraggio, trattandosi al più di qualche decina di unità relegati a mansioni minori (i tecnici e gli esperti sono tutti di altre regioni e nazionalità). No Scorie Trisaia si chiede se le celebrazioni sulla giornata del lavoro e dei lavoratori a Corleto, non siano in realtà un'operazione di facciata alla quale si prestano i sindacati lucani per dare il loro sostanziale contributo al luogo comune che il petrolio porta ricchezza e occupazione, in tal modo da giustificare anche l'assenza di una loro importante azione di denuncia in merito all'occupazione del territorio, al consumo delle risorse lucane (l'acqua soprattutto), visto che se ne va circa 1/3 della diga del Pertusillo (esempio quantitativo industriale) per garantire l' estrazione di petrolio programmata(per un barile di petrolio occorrono circa 8 barili d’acqua). Il petrolio è una risorsa a termine e, per sua natura, incapace di creare economia e occupazione reale e duratura. Anzi, come dimostra l’esperienza della Val d’Agri e del centro oli di Viggiano, in cambio di un elevato inquinamento e di qualche decina di unità di assunzioni locali, si è parallelamente notato un'esponenziale perdita di posti di lavoro in agricoltura e nella relativa filiera agroalimentare (molte aziende biologiche della Val d’Agri, hanno inoltre grosse difficoltà con gli enti che non vogliono più certificare la produzione biologica), col risultato che l'emigrazione, nonostante le promesse dei petrolieri e dei politici, in buona pace dei sindacati lucani, ha ripreso a spopolare il presente e il futuro della Basilicata. Il petrolio le popolazioni locali lo lasciano estrarre quando ci sono le condizioni economiche ed ambientali per i territori, quando non danneggia la risorsa acqua e le economie locali, diversamente da come sta avvenendo purtroppo in Basilicata e in Italia, dove le leggi sono a favore dei petrolieri e non delle comunità. In questa regione lo sviluppo equo e rinnovabile resta nell’agricoltura, nel mare, nell’archeologia, nell’agroalimentare, nel turismo e nella tutela della risorsa acqua che oltre a dare vita e cibo serve per creare migliaia i posti lavoro proprio in quell’industria alimentare, siderurgica e metalmeccanica che senza ingenti quantitativi di acqua non potrebbe esistere”, osservano i volontari dell’associazione.

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