POLICORO - Dopo oltre due anni e circa dieci udienze,
la corte presieduta dal Presidente De Benedictis (con i giudici Staffieri e
Sasso) del tribunale di Matera ha emesso la sentenza per le accuse mosse a
Gianni Fabbris (coordinatore nazionale di Altragricoltura) ed altri 14
contadini del movimento. I fatti risalgono al 2014 quando la Procura della
Repubblica di Matera (guidata dalla Dott.ssa Celestina Gravina) chiese
l'arresto del rappresentante sindacale per la sua attività di difesa di una
delle aziende agricole del metapontino vendute all'asta. La Procura di Matera
accusò Fabbris (in complicità con gli altri) di una serie di reati gravissimi
fra cui quelli della rapina aggravata, dell'estorsione aggravata, della
violenza privata e della resistenza. Le accuse erano state notificate a Fabbris
al termine di una conferenza stampa tenuta nella sala parrocchiale di Rione
Agna a Matera da agenti che eseguirono la perquisizione nell'abitazione del
dirigente sindacale e del titolare dell'azienda agricola alla ricerca di
documenti compromettenti e Fabbris fu sottoposto al provvedimento dell'obbligo
di dimora. Nel dibattimento finale il Pubblico Ministero, Dott. Colella, ha
ricondotto la sostanza giuridica dei fatti alla loro concretezza riconoscendo
come infondate e insussistenti la maggior parte delle accuse chiedendo comunque
la condanna di tutti gli imputati per violenza privata (8 mesi per tutti un
anno per Gianni Fabbris). Gli avvocati Leonardo Pinto (difensore di Gianni
Fabbris) e Antonio Melidoro (del Soccorso Contadino per la maggior parte degli
altri imputati) hanno smontato con puntuale professionalità un teorema tanto
assurdo quando fantasioso dimostrando nell'aula del tribunale come in realtà
l'iniziativa svolta era una legittima attività sindacale oltre che la
insussistenza delle accuse di violenza, rapina ed estorsione. Nelle loro
conclusioni, appassionate e motivate, hanno più volte sottolineato la natura
sociale e sindacale dell'esperienza di Altragricoltura e della sua azione in un
quadro drammatico di crisi a tutela delle aziende agricole, dei cittadini e
delle comunità. Una azione che, è stato più volte sottolineato, aveva ed ha
come obbiettivo quello di difendere i diritti delle aziende e dei singoli ma
anche quello di chiedere alle istituzioni, alla politica ed al legislatore di
assumere la responsabilità di fronte al gravissimo problema dell'indebitamento,
delle vendite all'asta, dell'usura e dell'intreccio con interessi illeciti e
pericolosi. Il collegio giudicante nell'emettere la sentenza di assoluzione per
tutti gli imputati ha dato una prima motivazione "perchè il fatto non
costituisce reato". Gianni Fabbris, nel suo primo commento ha sostenuto:
"Il merito di questo collegio giudicante, e per dire la verità anche del
Pubblico Ministero, è stato quello di ricondurre la questione alla sua sostanza
ed ai fatti spogliandola di fantasiose ricostruzioni e pretestuosi teoremi. Sul
merito si è espresso e la sentenza parla chiaro. Dichiarando che <> ha sentenziato che non ci sono state
condotte illegali e che condurre attività sindacali non è, dunque, un reato.
Abbiamo speso due anni, una grande quantità di denaro pubblico, risorse umane e
tecniche per una vicenda che è partita dall'iniziativa di una procuratrice
della repubblica successivamente trasferita con provvedimento disciplinare dal
consiglio superiore della magistratura. In questi due anni, purtroppo, le
condizioni del metapontino sono rimaste le stesse, la crisi delle aziende morde
ancora, i rischi dell'intreccio fra la crisi economica e crisi sociale corre il
rischio di diventare esplosiva." "Altragricoltura ha convocato per la
prossima settimana l'esecutivo nazionale anche per preparare una forte
iniziativa pubblica da tenere entro trenta giorni sulle questioni delle vendite
all'asta, sulla crisi e sulle proposte che rilanciamo alla responsabilità della
politica".
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