Un altro ritardo per la
pubblicazione dell’ormai famigerata Carta delle aree dove sarebbe possibile
collocare il Deposito delle scorie radioattive. L’ha annunciato l’altro giorno
il ministro Carlo Calenda alla Commissione «Ecomafie»: si andrà probabilmente a
fine 2017. Ormai la vicenda della mappa, che è solo il primo passo per
costruire il Deposito dove l’Italia dovrà obbligatoriamente stipare i suoi
rifiuti nucleari, sta diventando kafkiana. Se non fosse che ogni ritardo non è
gratis, ma viene spesato nelle bollette degli italiani. Andiamo con ordine. A
giugno 2014, dopo un’attesa di un quarto di secolo (cioè dal referendum del
1987 che fermò la stagione nucleare nazionale), arrivano i criteri per il
Deposito predisposti dall’Ispra. Si attende quindi la carta per gennaio 2015.
Però ci sono le elezioni amministrative di maggio. Perché riscaldare gli animi
inutilmente e obbligare amministratori e partiti a prendere posizioni di cui
potrebbero poi pentirsi? Si va a settembre. Ma poi si slitta ancora, perché nel
2016 c’è un altro giro di delicate amministrative. E alla fine di quest’anno ci
sarà un altro delicatissimo referendum. Quindi meglio rinviare. Certo, sono
cambiati i vertici Sogin, poi bisogna trovare il direttore Isin, poi c’è il
Programma nazionale da completare. Un motivo si trova sempre. Nei fatti, dalla
pubblicazione ci vorranno quattro anni e mezzo per arrivare all’autorizzazione
e altrettanti per la costruzione. Il Deposito sarà pronto nel 2027? Chissà,
problemi dei nostri figli e di altri governi. Tipico. Peccato però che dal 2019
i rifiuti mandati all’estero per essere «trattati» torneranno in Italia e
continueranno a farlo fino al 2025. Dove li metteremo? Certo, si potrebbero
rinegoziare i contratti con Francia e Regno Unito, allungandoli. Saranno
d’accordo? E quanto ci costerebbe? Poco si sa. «Qualche decina di milioni di
euro l’anno», si dice. E non dimentichiamoci, come inciso finale sul tema, che
solo tenere in sicurezza i vecchi siti ci costa altri 110 milioni l’anno. I
contribuenti ringraziano.
Fonte
Corriere della sera
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