giovedì 11 agosto 2016

Tar Lazio boccia i ricorsi no-triv



Tre a zero per le trivelle. Il Tar del Lazio ha bocciato con tre sentenze tutti i tre ricorsi contro la ricerca di giacimenti nel mar Ionio. Manca l’ultimo passo, il timbro finale dello Sviluppo economico, e la piccola società petrolifera Enel Longanesi — società che l'Enel ha appena venduto alla compagnia statunitense AleAnna — potrà condurre ricerche strumentali per scoprire se sotto il fondale del mar Ionio ci sono giacimenti di petrolio o di metano. Dopo alcune settimane di studi, se individuerà giacimenti dovrà avviare una nuova procedura di autorizzazione e una nuova procedura ambientale per vedere con lo scavo di un pozzo esplorativo se il giacimento ecografato esiste davvero. E se anche il pozzo esplorativo confermerà la presenza di risorse, terzo giro di autorizzazioni e valutazioni ambientali. Sotto i fondali compresi fra Calabria, Basilicata e Puglia gli esperti prospettano riserve rilevanti. Dal punto di vista della geologia, le condizioni sono perfette per scoprire rocce impregnate di idrocarburi come il greggio e il gas. Diverse società avevano presentato richieste per poter ispezionare il sottosuolo con una specie di ecografia colpendo il fondale con bolle di aria compressa per ascoltarne l’eco profondo (è la tecnologia dell’air gun). Il progetto più interessante era quello della Shell. Però i limiti imposti mesi fa dal Governo contro lo sfruttamento di nuovi giacimenti vicini alla costa aveva costretto diverse compagnie alla fuga dall’Italia, Shell compresa. Ma le aree per 750 chilometri quadri chieste dalla Longanesi-AleAnna sono in alto mare, oltre le 12 miglia dalla costa (circa 22 chilometri), e quindi sfuggono ai vincoli. Nella primavera 2013 l’Enel Longanesi aveva chiesto al ministero dell’Ambiente la valutazione d’impatto ambientale (Via) per poter fare l’ecografia alle rocce. Nel dicembre 2013 la commissione di valutazione di impatto ambientale del ministero aveva detto di sì, a patto che la compagnia si attenesse ad alcune prescrizioni affinché l’ecografia non creasse alcun danno all’ambiente. Le Regioni Calabria e Puglia avevano espresso parere contrario. Nel giugno 2015 il ministero dell’Ambiente aveva concesso con un decreto il via libera ambientale finale. E le Regioni subito erano corse a lamentarsi al Tar Lazio per far annullare il decreto finale dell’Ambiente e tutti gli atti che l’avevano preceduto. Il Tar del Lazio risponde in modo abbastanza sobrio al ricorso della Calabria. Più articolata la sentenza di bocciatura contro la Puglia: per esempio nel contestare l’inquinamento di altri Paesi vicini la Regione «fa riferimento al Mare Adriatico — osserva il Tar nella sentenza — quando il progetto in questione è collocato invece nel Mar Ionio». Terrificanti i commenti del Tar nella sentenza sulla Basilicata. Qualche esempio. La Regione contesta il fatto che il via libera ambientale è stato dato «senza tener conto della ferma opposizione manifestata dalle Regioni interessate». Storie. Il ministero dell’Ambiente ha collezionato quasi un centinaio di commenti, contestazioni, osservazioni e suggerimenti da Province, Comuni, associazioni, parrocchie, circoli, giornali, sindacati, associazioni, blog e singoli cittadini, tutti si erano espressi tranne l’unico ente cui era stato espressamente chiesto di esprimersi con lettere e solleciti: la Regione. La «ferma opposizione» della Regione era stata il silenzio totale. Oppure, la Basilicata protesta che è stato violato il Piano delle Coste: ma la Regione non ha mai varato, adottato, approvato questo inesistente Piano delle Coste. Ancora, la Regione paventa «fuoriuscite di gas e/o a fenomeni di blow-out di gas durante la perforazione», dimenticando che il progetto di ecografia del sottosuolo non prevede di piantare non una perforatrice ma nemmeno una cannuccia di chinotto.
Fonte
Il Sole 24 ore

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