sabato 20 agosto 2016

Inchiesta Led, D’Amato assolto: Contento ma sfiduciato


POLICORO – Nel 2011 la Guardia di finanza condusse un’indagine giudiziaria su un possibile appalto, relativo all’illuminazione Led, che, secondo gli inquirenti, doveva essere pilotato. Tante le persone coinvolte: amministratori comunali dell’epoca, dirigenti, imprenditori, ex amministratori. A sei anni di distanza nelle scorse settimane si è concluso il processo di primo grado che ha visto assolto, articolo 530 secondo comma del codice penale, in buona sostanza perché il fatto non sussiste, Felice D’Amato all’epoca dei fatti dipendente di un’impresa turistica. Lo abbiamo incontrato nei giorni scorsi, a bocce ferme, per capire il suo stato d’animo dopo questo calvario giudiziario.
Come si sente?
Provo sentimento di gioia sotto l’aspetto umano perché in una città dove tutti ci conosciamo e, a maggior ragione, quando si ha moglie e figli uscire puliti da un’inchiesta penale per me è motivo di sollievo. E per questo sento il dovere di ringraziare i miei avvocati: Buccico padre e figlia. Nello stesso tempo però sono rammaricato per i tempi d’attesa. Sei anni, per un primo grado, sono da Paese poco civile.
Lei è stato amministratore della città di Policoro dal 1997 al 2008 in qualità di assessore e dal 2006 al 2008 come consigliere di minoranza. Che io ricordi non è mai finito nelle maglie della giustizia, ci è entrato però da privato. Un paradosso in un momento storico in cui i politici sono spesso nel mirino degli inquirenti?
Per me è il secondo motivo di rammarico. Credo di aver servito lo Stato per nove anni e per alcuni aspetti l’ho fatto anche dopo, non criticando nessuno e aspettando in silenzio che la giustizia facesse il suo corso. Il tempo mi ha dato ragione. Non possono contestarmi nulla: né prima né dopo.
Lei conosce alcuni di coloro i quali sono finiti nell’inchiesta anche sotto il profilo umano. In tutta sincerità li ritiene colpevoli?
Ovviamente mi soffermo su come li conosco personalmente. Come ho servito io lo Stato lo hanno fatto anche altri, e di questo ne sono certo. Così come sono certo che il lavoro svolto in tanti anni non può essere messo in discussione da un’intercettazione. Per esempio ricordo di un alto dirigente che prima di ogni Giunta diceva sempre che le cose si possono fare quando è prevista la discrezionalità politica, ovvero dentro i confini della legge. Negli atti amministrativi vincolanti non si toccano nemmeno le virgole.
L’inchiesta giudiziaria è partita da intercettazioni. Le ritiene utili come strumento di indagine?
In Italia negli ultimi anni sono state utilizzate come una rete a strascico coinvolgendo tutti coloro i quali sono stati tirati in ballo anche indirettamente dagli interlocutori pur di giustificare un teorema. Di conseguenza usate in questo modo sono sbagliate perché si vìola la libertà di pensiero delle persone, diritto inviolabile di ciascuno di noi, nel senso che bisogna misurare le parole col bilancino e questo lo ritengo sbagliato per il semplice motivo che quando si parla anche a quattr’occhi si usano metafore ed espressioni colorite. Invece andando sempre alla ricerca di un capro espiatorio  50 milioni di italiani ogni giorno potrebbero trovarsi le forze dell’ordine in casa alle 04:00 del mattino. L’intercettazione può essere utile per seguire una traccia, analizzandone il contesto già nella fase preliminare per poi decidere se archiviare o rinviare a giudizio. Se poi si è zelanti bisognerebbe andare alla ricerca della prova. Ma questo in Italia è un discorso prematuro; naturalmente il mio è un ragionamento generale. Invece si è scelta la comoda strada del grande circo mediatico dove conviene apparire non capendo che il conflitto tra poteri dello Stato, esecutivo da un lato e giudiziario dall’altro, danneggia tutti generando disamore verso le istituzioni. Oggi non c’è la presunzione di innocenza, ma bisogna dimostrare la non colpevolezza e l’obbligatorietà dell’azione penale vale solo per i reati contro la Pa. E il resto?
Come se ne esce da questo corto circuito?
La politica deve riappropriarsi delle proprie prerogative e non essere subalterna della giustizia. Faccio un esempio. Si parla di riforma della giustizia dal 1994: sono passati 22 anni e siamo ancora all’anno zero. Un politico che finisce sotto inchiesta spesso si dimette e comunque alle elezioni successive viene penalizzato, però poi se viene assolto chi lo riabilita nel ruolo istituzionale precedente? Se invece un magistrato sbaglia, ed è umano, capita che entra in politica e viene anche eletto. Ecco trovare un meccanismo che non renda un magistrato onnipotente, anche più di un presidente del Consiglio, sia una prerogativa della politica.
Tra un anno si rinnova il Consiglio comunale di Policoro. Cosa farà?
Si può fare politica in tanti modi non necessariamente candidandosi. Certo in questa fase della mia vita, e la passata vicenda giudiziaria in questa scelta ha contato poco, conservo la passione per la politica intesa come soluzione dei problemi: la vera essenza di una della materie più belle e difficili al mondo.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano del Sud)


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