POLICORO – Sono passati dieci
anni e finalmente il calvario di Mario Salerno è finito, salvo appello della
controparte, il 24 febbraio scorso. Infatti il tribunale di Potenza in primo
grado ha accolto la richiesta della difesa e in particolare del Pubblico
ministero Gerardo Salvia condannando Michele Sellitri e Mirella D’Alessandro a
dieci anni di reclusione: il primo per tentato omicidio e la seconda imputata
per concorso morale. Anzi il Pm aveva chiesto 9 anni e il giudice ne ha
aggiunto un altro tanto erano schiaccianti le prove, secondo Salerno.
Esattamente undici anni fa Mario Salerno, formatore e titolare di un ente di
formazione in Policoro ed ex coniuge già all’epoca della D’Alessandro, si era
recato a Potenza per il disbrigo di alcune pratiche lavorative; mentre stava
attraversando la strada per salire sulla propria autovettura veniva investito
da un’altra macchina. Di primo acchito pensò ad un pirata della strada, che
dopo l’impatto non si era fermato per soccorrerlo, ma il sospetto e poi la
conferma, grazie alle perizie sull’automobile dell’investitore e le successive
intercettazioni telefoniche, incastrarono Sellitri e la D’Alessandro che
all’epoca dei fatti erano legati da una relazione sentimentale. Dopo la
separazione consensuale Salerno e la sua ex moglie vivevano in maniera molto
civile sia sul lavoro, anche lei era ed è impegnata tuttora nello stesso
settore della formazione professionale, che nel privato: ognuno con la propria
vita. Senochè ancora oggi Mario Salerno non riesce a darsi una spiegazione sui
motivi che hanno portato l’ex consorte ad architettare un omicidio,
trasformatosi poi in tentativo visto che, fortunatamente, non è andato a buon
fine: gelosie lavorative, patrimonio, soldi? Chissà. Fatto sta che dopo dieci
anni e una serie interminabile di proteste pacifiche, Salerno ha avuto
giustizia. Di contro la difesa, stando alle dichiarazioni dello stesso Salerno,
non si è mai presentata in udienza per difendere le proprie ragioni, ammesso
che ne avessero. Da qui la sentenza di condanna con prove schiaccianti, sempre
secondo la versione di Salerno. Il quale tira un sospiro di sollievo per come
si è chiusa la vicenda, anche se due lustri sono un arco di tempo lunghissimo:
“Non c’è da essere soddisfatti –commenta- per vicende di questo tipo vuoi per
la lentezza giudiziaria vuoi per lo strascico familiare che ha avuto. Quello
che mi ha fatto più male è che non c’è stata mai una richiesta di perdono e
scuse da parte della mia ex moglie. Così sono stato indotto per forza delle
cose ad andare fino in fondo sulla strada della giustizia. Questa sua
presunzione ha fatto sì che la mia prima figlia credesse ciecamente alla sua
versione dei fatti, ovvero che io mi ero inventato tutto di sana pianta. Ora
dopo la che giustizia mi ha dato ragione spero che la primogenita torni a casa
e capisca da che parte sta la verità. L’aspetto…”.
Gabriele Elia
(fonte il Quotidiano della
Basilicata)
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